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E Castore e ’l fratel; ch’ei n’ha mestiero.
425Or dal notturno ciel cader vedrai,
Quando il vento è vicin, lucente stella,
Di fiammeggiante albor lassando l’orme;
Or secchissima fronde, or sottil paglia
Gir per l’aria volando; or sopra l’onde
430Leve piuma apparir, vagando in giro.
Ma se ’nvêr l’Aquilon son lampi e fuochi,
Se di Zeffiro o di Euro il ciel rintuona;
Nuotan le biade allor, né fia torrente
Che non voglia adeguar l’Eufrate e ’l Nilo;
435E bagnandosi i crin, gravose e molli
Il turbato nocchier le vele accoglie.
Quanti son gli animai che ti fan segno
Della pioggia che vien! l’esterno grue
Dalle palustri valli al ciel volando,
440La mostra aperta: il bue coll’ampie nari,
Sollevando la fronte, l’aria accoglie:
La rondinella vaga, intorno all’onde
S’avvolge e cerca; e dal lotoso albergo
Il noioso garrir la rana addoppia.
445Or l’accorta formica a ratto corso
Con lunga schiera a ritrovar l’albergo
Intende, e bada alla crescente prole.
Puossi verso il mattin, tra giallo e smorto
Talor l’Arco veder, che l’onde beve
450Per riversarle poi: dei tristi corvi