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Che ’l suo propio valor giungendo ad essi,
155Puon crescer e scemar quel ch’ave in seno.

Qualunque errante in ciel incontri e guardi
L’alato Ambasciador, nell’aria sveglia
Sempre il rabbioso suon di Borea o Noto,
O di Zeffiro o d’Euro; o torbo o chiaro,
160O con nevi o con piogge, come aggrada
Al compagno ch’egli ha; ch’a tutti è servo.

La stella Citerea, coll’avo antico,
Talor raffredda il ciel, talor lo bagna,
Ma dolcemente pur; ché mal si accorda
165Col suo secco venen nemico a tutti:
Col gran pio genitor, in chiare tempre
Più soave il calor, meno aspro il gielo
Rende; e l’aria e la terra e l’onde insieme,
Di vaghezza e d’amor tutto riempie.
170Al suo fero amator la fiamma e l’ira
Colle piogge e col gielo ammorza o spegne:
Al luminoso Sol, con fosche nubi
Pregne di largo umor la vista ingombra;
Forse temendo ancor, ch’un’altra volta
175Non l’accusi a Vulcan, se Marte alloggia.
Grandini, piogge, nevi, lampi e tuoni
Tempestoso e crudel ci porta Apollo,
Ove incontri Saturno, ovunque il guardi.
Folgori, venti, giel raddoppia in terra
180(Benché sì dolce sia), s’ei corre a Giove:
S’al bellicoso