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E non divisi ancor dal quarto albergo,
20Ma gli possin mirar tra ’l terzo e ’l quinto.
Quando vedi allumar l’Aquario e ’l Toro
Dalla notturna Dea che Cinto onora,
Pianta le vigne allor, sotterra i frutti;
Se la capra Amaltea, se ’l Cancro avverso,
25Se la donzella Astrea, se quella parte
Ch’al dì con spazio egual la notte libra,
O ’l cornuto Animal che in mezzo il mare
Condusse Europa; e tu nel grembo allora
Versa del tuo terren le biade e ’l grano.
30Ma più di tutti, ben ci segna i giorni
Giocondi e gravi, trascorrendo in giro
Dal luminoso Sol, la casta Luna;
Ch’al nostro umano oprar tanto ha vicina
La possente sua luce, e in così breve
35Tempo quante ha nel cielo erranti e fisse
Studia di visitar, che ciò che in esse
Truova di bene o mal, lo versa in noi.
Non dee molto impiagar le piagge e i colli
Il discreto bifolco, s’ella giace
40Ascosa col fratello. Il quarto giorno
Che cornuta rivien, coi tre vicini,
Sacrati in terra son; ché in questo nacque
Già di Latona in Delo il biondo Apollo:
Pur l’agnello e ’l vitel potrà nel sesto
45Di quel membro privar ch’è sposo e padre;