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Chi del fero animal che il Nilo alberga,
Pon sovra il limitar; chi porta intorno
La testuggin palustre al ciel supina.
Or chi sarà fra noi, che in questa etade
1130Ch’è così cara al Ciel, che n’ha dimostro
Così palese il ver, segua quell’orme
Per cui famosi andaro i primi Etruschi,
E Tagete e Tarcon; quei di Tessaglia,
Melampode e Chiron ch’avean credenza
1135Di fermar le saette in mano a Giove,
E le piogge a Giunon, fermar l’orgoglio
E dei venti e del mar in mezzo il verno?
Volga divoto a Dio gli occhi e la mente
Il pietoso cultor, sian l’opre acconce
1140Al suo santo voler, poi notte e giorno
Segua franco il lavor, con ferma speme
Che chi più s’affatica ha il Ciel più amico.

Già trapassa il calor, già viene il tempo
Ch’alla stagion miglior più s’assimiglia
1145Nel pareggiar il dì, nel tornar fuore
A vestir il terren l’erbe novelle.
Già il saggio giardinier riprenda l’arme,
E già rompa e rivolga ove poi deve
La sementa versar passato il verno.
1150Poi quel ch’apparecchiò nel maggio addietro,
Che fusse albergo di radici e d’erbe
Che soglion contro al giel restare in piede;