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O rozza antica età che fusti priva
695Di questo arbor gentil, non aggia il lauro,
Non più l’uliva omai, non più la palma,
Non più l’edra seguace i primi onori
Dei carri trionfal, dei sacri vati:
Ma sian pur di costor, né cerchi Apollo
700D’altra fronde adombrar l’aurata cetra.
Quantunque essi tra lor colore e forma
Nella fronde, nel fior, nel frutto insieme,
Non aggian tutto egual: l’un più verdeggia,
L’altro più scuro appar; questo ha ritondo
705E rancio il pomo, onde poi trasse il nome;
Quel pende in lungo, e la ginestra al maggio
Rassembra in vista; di quest’altro il ventre
Largo e scabroso e sopra picciol ramo,
Viene a grandezza tal, ch’un mostro agguaglia:
710Pur gli tratti il cultor d’un modo istesso.
Ove sia caldo il cielo, il terren trito,
Ove abbonde l’umor, cercano albergo:
Contro all’uso comun d’ogni altra pianta,
Vengon liete e felici al soffiar d’Ostro;
715Nemici di Aquilon sì, che conviene
Ch’al suo freddo spirar muraglia o tetto
Faccian coverchio, e sia la fronte aperta
Ove a mezzo il cammin più s’alzi Apollo.
Dal seme, dal pianton, dal ramo svelto
720Ben vicino al pedal, principio prende