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d’aver lei vicin lieto si face)
L’infiammante nasturzio, ai serpi avverso:
480Or la salace eruca, e l’umil bieta;
E la morbida malva, ancor che sembri
Di soverchio vulgar, tale ha virtude,
Tale ha dolce sapor, ch’è degna pure
Di vedersi allogar tra queste il seme:
485Or quei ch’abbiam, nelle seconde mense,
Di ventosi vapor salubre schermo,
E l’anicio e ’l finocchio e ’l coriandro,
E l’aneto con lor sotterra senta
La sementa miglior; la satureia
490Negli aprici terren vicino al mare;
La piangente cipolla, l’aglio olente,
Il mordente scalogno, il fragil porro,
Ove il grasso e l’umor sian loro aita,
E dove truovin ben purgata sede
495Dall’erbe intorno, e che soave e chiaro
Spiri il fiato quel dì fra l’Euro e l’Ostro.
Quando il suo lume in ciel la luna accresce,
O con semi o con piante è la stagione
Di dar principio lor; ma quello è meglio.
500Al pungente cardon già il tempo arriva
Di dar sementa; e ’l sonnacchioso e pigro
Papavero, in quei dì non senta oblio.
Or la ventosa rapa, e i suoi congiunti
Di più aguto sapor, napi e radici,
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