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Accomodarsi tal, ch’a poco a poco
Faccia porle in oblio l’antiche usanze,
345E rinnovar per lui costumi e voglie.
Quanti veggiam noi frutti, erbe e radici,
Che dai lunghi confin di Persi e d’Indi,
O dal libico sen, per tanti mari,
Per tante regïon cangiando il cielo
350E cangiando il terren, felice e verde
Menan vita tra noi; né più lor cale
Di Boote vicin, di nevi o gielo
Che l’assaglin talor; che ’l freddo spirto
Sentin dell’aquilon! perché natura
355Cede in somma all’industria, per lungo uso,
Continovando ognor, rimuta tempre.
Che non puon l’arte e l’uom? che non può il tempo?
Toglie al fero leon l’orgoglio e l’ira,
E lo riduce a tal, ch’amico e fido,
360Colle gregge e coi can si resta in pace.
Al superbo corsier la sella e ’l freno
Fan sì dolci parer, ch’egli ama e cole
Chi dell’armi e di sé gli carche il dorso,
E l’affanni e lo sproni, e ’l spinga in parte
365Ove il sangue e ’l sudor lo tinga e bagne.
Il bifolco, il pastor, contento e lieto
Rende il cruccioso tauro, e non si sdegna
Dello stimol, del giogo e dell’aratro.
Il gran re degli uccei, che l’armi porta
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