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Or si deggion purgar le siepi intorno,
155Che sien soverchie; e riportarne a casa
Per l’ingordo camin l’esca novella:
Quinci, senza indugiar, zappar a dentro
L’util canneto, che ti porti allegro
Nell’altro anno avvenir l’usata aita.
160Già il più vecchio letame, ch’a quest’uso,
Ove la pioggia e ’l sol lo bagni e scaldi,
Riponesti a finar gran tempo innanzi,
Sopra i ghiacciati monti e i freddi colli
Con la treggia e col bue portar si deve.

165Ora è l’ora miglior (chi non si sturba
Da qualche opra maggior) che ’l buon bifolco
In questa parte e ’n quella attorno vada
Là ’ve il popol s’aduna ai giorni eletti
Pronto al guadagno, con armenti e gregge.
170Ivi l’infermo bue cangi in più forte,
Giungendo il prezzo; e quell’antico e tardo,
Già del giogo impotente, ingrassi, e quivi
Lo venda quei che ne fanno esca altrui:
Dappoi qualche vitel, qualche giovenco
175Quasi selvaggio ancor, procacci allora
Per nutrirse e domarse; acciò che in breve
Quanto perdeva in quei, ristore in questo.
Non si lasce invecchiar sotto l’albergo
Il suo pigro asinel: guardi alle gregge,
180E rinnuovi tra lor chi troppo visse;