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D’uscir del nido suo, scampar non sanno
Un mezzo mese pur; onde conviene
Seccarle al fumo; e lungo tempo appresso
Saranno ésca a colui cui manca il pane.

590Né il sacro arbor d’Ammon negletto vada,
La quercia annosa che in quei tempi primi
Nutrì senza sudor gli antichi padri.
Quando sotto al troncon le ghiande sparge,
Prendansi tutte allora; e secche al sole,
595Faranno al verno poi sì grassi e gravi
Gl’ingordi porci suoi, che fien la dote
Della figlia maggior che brama e tace.

Il sempre verde ulivo ancor non ave
Ben nel maturo fin condotto il frutto;
600Onde c"r non si può: ma in simil giorni
Quanto questo di sopra i rami spande,
Tanto sotto convien purgar intorno
Da sterpi e sassi, perché poi cadendo
Per pioggia o vento l’onorata uliva,
605Resti in occhio al villan; ché troppo è cara.

Or ch’ha dentro al suo tetto il buon cultore
Salvi condotti omai tanti bei frutti;
E son carche le travi, e l’arche piene
Colmi i vasi, i canestri, i tin, le botti,
610Talché gli avanza nell’albergo appena
Loco ove possa star la mensa e ’l letto;
Renda grazie a Colui la cui pietade
Gli dà