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     Ma difeso da lui, di polve e sangue
Le giovinette chiome e ’l volto pieno,
Mi fu portato, oimè, pallido essangue,
Ch’omai poco di spirto aveva in seno.
Poi, qual vermiglio fior che colto langue,
Fra queste braccia misere vien meno,
E mi tenn’io crudel, che ’n quella vista
Non andai innanzi a lui dogliosa e trista.
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     Ma son rimasa ancor, per quel ch’io temo
E già vidi per prova, a peggior sorte,
Però che acerbo allor di vita scemo
Il poverello Albin fece Boorte:
Chè, perch’ei fu di tutti il parto estremo,
Troppo il cielo accusai della sua morte,
E perch’oltre al voler del pio marito
Del medesmo mio latte era nutrito.
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     Così l’unica figlia Claudïana
E cinque altri di voi mi restan soli,
Che mi parea d’ogn’altra esser sovrana
In numero e beltà di tai figliuoli.
E ch’io sia di timor venuta insana
Che ’l mio fero destin voi non m’involi,
Mi riprenda colei che se ne truova
Sette volte, com’io, già stata in pruova.
cvi
     Io non veggio arrivar mai messaggiero
Inviato dal campo in questa parte
Ch’io non senta agghiacciar l’alma e ’l pensiero
E ’l core sbigottirse, e batter parte:
Chè mi par sempre udir che ’l destin fero,
Congiurato al mio mal con l’empio Marte,
Per aggiungermi ogn’or tormenti a doglie
Voi, che primier portai, del mondo spoglie.
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     Però, dolce figliuol, per gli ultim’anni
Ch’a squarciare il mio vel son presti omai,
Per quelli antichi già sofferti affanni
Che del peso di voi gravosa andai:
Il simulato oprar, gli ascosi inganni
Che i Britannici e i Franchi a i nostri guai
Tesson la notte e ’l dì saggio schivate,
Nè vi dia troppo ardir la verde etate.
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     Con tai parole alfin gli occhi e la fronte
D’amarissime lagrime gli inonda,
Come suol sotto speco ombrosa fonte
Che larga stille dall’erbosa sponda.
L’affannato Clodin con le più pronte
Parole ch’al dolor la lingua infonda
Dice: Omai son finite, o dolce madre,
L’ore de i vostri ben rapaci e ladre.
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     Sperate pur, che doppo oscura pioggia
Si suol vago e seren vedere il cielo,
Che non serva ad ognor l’usata foggia
Come non sempre è caldo o sempre è gielo.
Ora il nome d’Avarco illustre poggia
Cui gran tempo oscurò gravoso velo,
E chi vive de i vostri in gloria, e ’n pace
Vedrete e ’n sommo onor chi morto giace.
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     E vi prometto poi, per quello amore
Che ’n verso madre tal conviene a figlio,
Che i veraci ricordi in mezzo il core
Mi staran sempre, e ’l vostro pio consiglio.
Qui baciando la man con dritto onore
E mostrando ver lei pietoso il ciglio,
Altresì poscia alla sorella pia,
Dietro al suo Seguran ratto s’invia.