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xix
Ferito è Cromio nel sinistro lato
Dal buon Tëodorico, e posto a terra.
Indi truova Agraveno il forte Acato,
Che tra’ suoi pochi pari aveva in guerra,
Nel natio regno intorno circondato,
Come invitta città muraglia serra,
Dalla frondosa Ercinia, e poco meno
Era in Praga onorato che Drumeno.
xx
Gli trapassò la gola nel traverso,
E di lei l’aspra fistula divide.
L’ardito Gargantin, Dolone il Perso
Della patria medesma seco uccide:
Che di sangue infinito il petto asperso,
Biasmando il ciel ch’a quella sorte il guide,
Rotando gìo come in sospesa piaggia
Suole il secco troncon che spinto caggia.
xxi
Il cavalier famoso di Norgalle
Che tra’ miglior guerrieri il mondo stima,
Che quelli avea della Lomunda valle
Che ’l Grampio adombra con l’altera cima,
Nel petto fere, e ’l passa oltra le spalle,
Ofeleste, che tien la gloria prima
Nel possente luttare, e fu il più chiaro
Del terren, che contien Rodano e Varo;
xxii
Ma non gli valse allor contra la spada
Del nobile e fortissimo Britanno,
Ch’abbattuto convien ch’a basso vada
Avendo de’ mortai l’ultimo danno.
Segue costui per la medesma strada
L’Iberno Cebrïon con meno affanno:
Perchè nel cor da Ganesmoro aggiunto
Senza doglia sentir muore in un punto.
xxiii
Malchino il grosso, ch’a i Giganti sembra,
Incontrò di Sassonia Polemone,
Che smisurata forza anch’egli assembra
Più d’altro assai di quella regïone:
Per tutto ciò con le possenti membra
D’un colpo nel cimiero a terra il pone,
E sonò nel cader l’armata spoglia
Come d’eccelso pin rovina soglia.
xxiv
Fece il medesmo il nobile Gerfletto
A Reso il Provenzal, ferito al fianco;
Polibo poi con larga piaga al petto
Resta battuto da Finasso il bianco.
Landone il destro, tra i miglior perfetto,
Il cui sommo valor non fu mai stanco,
Con la punta mortal del fero brando
Pose il miser Cisseo di vita in bando.
xxv
Non resta indietro il saggio Talamoro
Con la doppia virtù ch’ha in guerra, e ’n pace,
Ch’uccise Ileo, come il cugin Mandoro
Spento il miser Coon di spirto face;
E per man del ricchissimo Arganoro
Della testa privato Emonio giace,
Quel che nato tra’ Gotti Orïentali,
Pochi al fero suo cor trovava eguali.
xxvi
Doppo costor Bralleno ed Amillano,
Taurino, i frati e Melïasso il bello,
Il Brun, quel senza gioia, ed Urïano
Con l’altro invitto e nobile drappello
Ne i suoi nemici insanguinò la mano,
E fece sopra lor largo flagello:
Nè l’un mai più dell’altro apparia lasso
E d’una riga egual moveano il passo;
xxvii
Come doppo l’april si pòn vedere
Gli accorti mietitor per gli ampi prati
Dipartirse fra loro in lunghe schiere
E ’n drittissimo fil gire agguagliati,
Poi nell’ordin medesmo far cadere
Gli arditi fien per terra riversati
Con l’adonche sue falci: e ’n cotal forma
D’Arturo ivi apparia l’egregia torma.
xxviii
Ma il fero Seguran però non manca
Di mostrar la virtude ond’è ripieno:
Sostien la gente spaventosa e stanca
E raccende il valor ch’ha spento in seno;
Or nella destra parte, or nella manca
S’avventa, come il folgore o ’l baleno,
Or tra i nemici in mezzo si vedea
Or dietro a tutti i suoi, che gli spingea.
xxix
Quale invitto nocchier, che da tempesta
Perigliosa sorpreso esser si vede,
Ch’or col fischio or col grido mai non resta
E nel suo cominciar tosto provvede,
Ch’allenta e tira or quella corda or questa
Com’or dritto o traverso il vento fiede,
E secondo il furor che il legno assale
Cresce o tarpa di lui le candide ale:
xxx
Ma poi che ’l suo sentier sente che sforza
D’una sol parte l’Austro o l’Aquilone
Con bassissime vele alla sua forza,
Tutto romito in sè, la prora oppone,
Volge il timon contrario e stringe l’orza
E di non travïar la cura pone,
Che se ’l cammin che intende gli sia tolto
D’avanzar per allor, no ’l perda molto;
xxxi
Tale il gran Seguran, poi ch’al furore
Che improviso sorvenne è in piè rimaso,
Rinforza il tutto poi dentro e di fuore,
Che possan contrastare ad ogni caso.
Con l’aste i suoi guerrier di più valore,
Che di Connacia avea verso l’occaso,
Pon nella fronte, e di lor duce feo
Il suo più chiaro amico, il forte Alceo;
xxxii
Quei dell’Ultonia pose alla man destra
Sotto il signor di Persa Banduino;
Gli altri, ch’ha di Laginia, alla sinestra,
Ove il fiume dell’Euro avea vicino:
Questi alla guerra intrepido ammaestra
Mogarto il biondo col fratel Sabrino;
Quei di Momonia stende alle sue spalle,
E duci han Terrigano e Morrialle.