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v
Il romor de’ destrier, dell’arme il suono
Nell’oscuro sentier che non appare
Sembra all’autunno il tempestoso tuono
Che sopra il fosco ciel si sente andare,
Spaventando color che carchi sono
Di pensier crudi e d’atre colpe amare:
Poscia in ardente folgor si converte
Che le gelati nubi ha intorno aperte,
vi
E con mortal fragor girando scende
Ov’han l’ombra maggior gli eccelsi monti,
Ch’or’Ossa o Pelio, or Appennino offende
Ove d’Arno e di Tebro escon le fonti:
Or l’alte torri or col furore incende
De’ sacri templi le famose fronti,
Or degli arbor più antichi abbatte e doma
Il piè, le braccia e la cangiata chioma.
vii
Con sembiante furor di notte avvolta
A ferir vien quest’animosa schiera,
Rïempiendo d’orror quel che l’ascolta
Ma più chi lei schivar, lasso, non spera:
Giunge ove Seguran con gente folta
L’attendeva orgoglioso e ’n vista fera,
E s’ha d’aste e di scudi fatto schermo
Quanto può contro a lor sicuro e fermo.
viii
Ma non ha il mondo forza che sostegna
Di tante lance, e tai l’estrema possa:
Tal ch’in un punto sol la regia insegna
Fa di mille guerrier la terra rossa,
Che nessun resta in piè là dove segna
D’esso colpo primier l’aspra percossa,
Nè sol quei ch’ivi fur, ma molti poi
Dal medesimo urtar cadder fra’ suoi.
ix
Passano oltra i destrieri, e mille ancora
Premendo van sotto il ferrato corno:
Quasi simili a quei che traggon fuora
Della spoglia il frumento al caldo giorno,
Quando il villan co i fren saldo dimora
Del loco in mezzo, e fa girarse intorno
Di giumente o di buoi l’elette torme
Che l’arido suo vel tritin con l’orme.
x
Rotta la lancia poi, si reca in mano
Ogni buon cavalier la grave spada,
E con quella da presso e da lontano,
Ove spinga il caval, s’apre la strada:
Tal che più d’un guerrier che sia sovrano
Convien per opra lor ch’a morte vada,
Oltre alla turba abbietta ed infinita
Che tra gli urti e ’l furor lassa la vita.
xi
Uccise il gran re Arturo Cinofonte
Congiunto amato di Brunoro il Nero,
Nato in Usfalia alla gelata fronte
Ove al cimbrico mar volge Visero:
Di sangue illustre e di ricchezze conte
Sopra molti vicin teneva impero,
Saggio nel consigliar, nell’oprar forte,
E l’onore e ’l valor gli erano scorte;
xii
Le quali ad aspettar soletto a piede
L’obbligaro un tal re di tanto nome:
Che d’alto allor sopra la fronte il fiede
E di sangue gli empie l’elmo e le chiome;
E della sua virtù venne a mercede
Lo scarcar l’alma di terrestri some
Per la più chiara man che fosse allora
Dal mar d’Iberia a’ liti dell’aurora.
xiii
Il nobile e famoso Childeberto,
L’alto erede primier di Clodoveo,
Quantunque giovinetto e poco esperto
Diede aspra morte all’infelice Argeo:
Che nacque ove più mostra il fianco aperto
Ver la Cantabria il salto Pireneo,
Che sposò di Verralto la sorella,
Nell’età sua ciascun fiorita e bella;
xiv
E ’l privaro in quel di le stelle infide
Dell’alma e della fiamma ond’egli ardea,
Che dalla destra spalla gli divide
Il braccio che la spada sostenea.
Cadde il miser chiamando le sue fide
Genti in aita, che ben lunge avea;
E lo spirto che breve in lui dimora
Dal premer de’ cavai fu tratto fuora.
xv
Clotario uscito dal medesmo Franco
A Melanippo il rio la vita toglie,
Nato in Pomeria, ove le bagna il fianco
Con l’onda Ortelo che le nevi accoglie:
Questi del padre suo canuto e bianco
Rendeo sanguigne le sacrate soglie,
Perchè il fratel, che di lontana sede
Devea tosto tornar, non fesse erede.
xvi
Or per quell’empio cor, ch’a fabbricare
Il pensiero infernale era stat’oso,
La giustissima spada oltra passare
Fè in fino al dorso il giovine famoso.
Nè Clodamiro il frate vuol mostrare
D’esser manco de’ duoi d’onor bramoso,
Come il quarto con lui Tëodorico
D’esser men di virtù che gli altri amico.
xvii
E così questi due congiunti in uno,
Non lunge molto all’onorato Arturo
Che qual padre provvede che ciascuno
Sia di lor ben guidato e ben sicuro,
Truovano insieme Ifito e Cromio il Bruno,
Fratei borgondi, e non di sangue oscuro,
Ma cugin di Clotilda, che già feo
Questi quattro figliuoi di Clodoveo:
xviii
Ma le parti seguian di Gunebaldo,
Che di lei il padre Chilperico uccise;
Nè il legame fraterno intero e saldo
Al desio di regnar termine mise.
Or questo unico par sicuro e baldo
Gli incontrati nemici si divise:
Clodamiro percosse in fronte Ifito,
E ’n fin fuora la gola è il colpo gito;