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lxvii
     Tal l’aspro Seguran quanta ha virtude,
Quant’ha forza e valor sovr’essi spiga.
Ma ’l Britanno drappel via più che incude
Sta saldo a i colpi, e non si torce o piega;
Duce non ha che non s’affanni e sude,
E ’l valoroso re conforta e prega:
E dove alcun de’ suoi veggia ire a terra
Con nuovi altri guerrier sostien la guerra.
lxviii
     Nè il famoso Boorte indarno siede,
Che pronto ha in ogni parte il passo e ’l ciglio,
E nell’uopo maggior disceso a piede
Tosto ivi accorre al publico periglio:
All’apparir del qual tutto si vede
Il campo più che pria farsi vermiglio,
Che spinge innanzi, e con l’invitta spada
Ove sta Seguran prende la strada.
lxix
     Il qual, come vicin venir lo scorge,
Il chiama e dice: O misero Boorte,
Qual contrario pianeta oggi vi scorge
Nel fiorir vostro a così acerba morte?
Alta pietà di voi nel cor mi sorge,
Nè mi doglio anco men della mia sorte,
Ch’all’uccider mi sforzi un guerrier tale
E ch’amai sempre alle mie luci eguale.
lxx
     Ben udiste già dir ch’io giovinetto
Fui del re vostro padre intero amico;
Mentr’io giva formando il rozzo petto
Col suo valore e col gran senno antico,
D’ogni contento suo prendea diletto
E quanto in odio avea mi fu nemico:
Nè mai saggio figliuolo amò più il padre
Ch’io fei lui sempre, e l’opre sue leggiadre.
lxxi
     E ’n questo istesso loco mi trovai
Seco con l’arme in man contro a Clodasso,
Là dove il popol suo colmo di guai
Rendei più volte e lui medesmo lasso:
In fin che in altra parte me n’andai
Verso il castel del Periglioso Passo,
Che mi sforzò l’onore e ’l dever mio,
E ’ntanto il miserel del mondo uscìo;
lxxii
     Doppo il qual vi rimembre il sommo amore
Ch’a voi, come a figliuol, portai mai sempre.
Or se il ciel, rivolgendo i giorni e l’ore,
Dell’esser nostro poi cangiate ha tempre,
Non avrà forza mai che questo core,
Se ’l composto mortal non si distempre,
Non sia pure il medesmo in ogni sorte
Verso il nome onorato di Boorte.
lxxiii
     Ma poi che sposo son di Claudïana
E di Clodasso suo genero fido,
Non sia stimata a torto opra villana
Se di quella e di lui difendo il lido;
E se già l’altra età poco lontana
Vide Avarco de’ vostri antico nido,
Giove riguardi a ciò, che ’l nostro Marte
Volge la vista sua per altra parte.
lxxiv
     Ben mi dorrei se mi sforzasse tale
Che foste per mia man di vita in bando:
E però vi riprego che ’l fatale
Corso v’adduca in altro luogo errando,
E sopra il nuovo popol che n’assale
Possa la mia virtù mostrar col brando;
Nè mi vegnan vittorie onde le spoglie,
Più larghe che gli onor, m’apportin doglie.
lxxv
     Ma l’ardito Boorte in atto altero,
Poi ch’ha queto ascoltato, gli risponde:
Se ’l ciel vorrà (che ’l tutto scerne intero
E senza il cui voler non crolla fronde)
Che mi toglia del mondo il braccio fero
Di Seguran, cui tal valore infonde,
Il mio fuggirse altrove indarno fora,
Che scampar non porria, nè indugiar l’ora.
lxxvi
     Il medesmo avverria, signor, di voi,
Se ’l fin per questa man lassù v’è dato:
Però fia ben tentarlo, e ’l vedrem poi,
Che l’uom conosce sol quel ch’è già stato.
L’antico e chiaro amor ch’ora è fra noi
Anco doppo il morir non cange stato:
Perchè non debbe odiar l’anima forte
Chi col ferro d’onor la spinse a morte.
lxxvii
     Così detto, ripien d’alto desire
Di gloria rivestir con guerrier tale,
Drizza alla testa il brando, ma ferire
Altro non può che del serpente l’ale:
Ch’alto levò lo scudo a ricovrire
Il colpo che scendeva agro e mortale
L’accorto Seguran che non disprezza
Quella giovine età nell’arme avvezza.
lxxviii
     Non vien per questa men l’altera speme
Ch’al valoroso Gallo il petto avvampa,
Che in diversi altri modi il punge e preme
E l’arme intorno percotendo stampa.
L’altro, ch’offender lui nell’alma teme,
Solo a difender sè le forze accampa,
E si cuopre or col brando or con lo scudo,
In fin che ’l vide poi di pietà nudo:
lxxix
     Però che sopra il braccio il ferro scese,
Ch’ei non poteo schivar con tanta possa
Che la man tutta e ’l destro lato offese,
E dentro gl’intonò la carne e l’ossa.
L’ira di Marte allor ratta s’accese
Nell’aspro Iberno, e la pietade ha scossa
Dicendo: Poi che in voi non val l’amore
Vaglia di Seguran l’odio e ’l furore.
lxxx
     E qual levriera pia, che talor soglia
Co’ suoi stessi figliuoi mordersi a gioco,
Ch’ancor che i denti lor le apportin doglia,
Se moderata vien, la soffra un poco:
Poi se passa il dever, cangia la voglia
E ’l gran materno amor non ha più loco,
Che disdegnosa al fin lor corre sopra
E l’unghia e ’l morso a gastigargli adopra;