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Nè molto a lui lontan Brunoro il Nero
Co’ suoi rimessi in un già il passo muove.
Ma poi ch’aggiunti arrivano al sentiero
In cui Boorte fea l’egregie prove,
Della polve ch’alzava oscurar fero
Nel suo seggio, cred’io, Saturno e Giove:
Ch’al fin cadendo, di montare stanca,
Tutto il popol Britanno e ’l Gallo imbianca.
xl
Sì come suol nella assetata estate,
Quando lieto il villan di scioglier brama
Dalle pungenti spighe e paglie aurate
Il buon seme gentil che Cerer ama,
Che con le spoglie pria rotte e squarciate
L’avventa in alto, e Zefiro poi chiama,
Ch’ovunque esse volando intorno spinge
D’oscurato color tutto dipinge;
xli
Tali erano a mirar l’arme e i destrieri
Di quei ch’ad incontrargli erano intesi.
L’ornate sopraveste, i bei cimieri
E gli scudi lucenti e gli alti arnesi,
Per cangiante vaghezza in prima alteri,
D’un medesmo colore eran compresi:
Nè l’un l’altro scorgea, come se ’l velo
Notturno e senza luna avesse il cielo.
xlii
Già nel venir di quei son fatti avante
Il nobil re dell’Orcadi e ’l figliuolo,
Patride al cerchio d’oro e Matagrante
E Plenoro e Drianzo e ’l forte stuolo
Di più d’un duce e cavaliero errante,
Il qual desio d’onor conduce solo
A seguitar dell’Orcadi l’insegne,
Non avaro pensier che in esso regne.
xliii
Le schiere di spavento pria ripiene
Han tornate col dir liete e sicure;
Il comandato loco ogn’uom ritiene
Come chi d’obbedir, non d’altro cure,
Nè men che gli altri di minute arene
Fan l’aria intorno e le campagne oscure.
Or giunti ove il magnanimo Boorte
Fea di largo tesor ricca la morte,
xliv
Il valoroso vecchio alquanto sprona
Il caval verso lui, poscia gli dice:
O del regno di Gave alta corona
E di quante mai fur la vincitrice,
Tra l’antiche memorie indarno suona
Quell’onorata cetera e felice
Del buon Tidide, d’Ettore e d’Achille,
Che presso al foco vostro eran faville.
xlv
Ben poss’io dir la vostra invitta mano
Della rovina mia fido sostegno,
Ch’abbattuto e scacciato ha di lontano
Chi già sovra de’ miei teneva il regno.
Ecco che ’l bello oprar non cadrà in vano:
Ch’or più ch’io fossi mai bramoso vegno
D’assalire i nemici, e le mie schiere
Saran più che leoni oggi a vedere.
xlvi
Disse Boorte a lui tutto ridente:
O famoso mio padre, se ciò fia,
Troppo ad uopo sarà, sì larga gente
Per far pruova di noi veggio per via.
Questi è ’l gran Seguran, cui veramente,
Chi no ’l pregiasse assai, torto faria:
Ma pur, poi ch’è mortal, vergogna fora
Più che gli altri e che sè stimarlo ancora.
xlvii
Così far si convien, lieto risponde
Il saggio re, che nel medesmo errore
Può cader l’uom che in troppo ardire abbonde
E chi soverchio ancor crede al timore.
Sommo senno e virtude il cielo infonde
In Segurano il Bruno, e gran valore
Nativo nel suo seme invitto ed alto,
Quale in Ettor, Girone e Galealto,
xlviii
Ch’illustrissimi furo e senza pare,
E di cui tutto il mondo avea spavento.
Pure, ove alcun di lor potea trovare,
D’esser co’ suoi nemici avea talento,
Perchè le spoglie e le vittorie rare
Non s’han di loco di virtude spento.
Nè mi fu il quinto ciel sì avaro allora
Che lodato non fussi anch’io talora.
xlix
E s’io non temea lor giovine e forte,
Che troncar mi poteano i miglior anni,
Ora a che per costui curar di morte,
Ch’è sola il porto de’ canuti affanni?
E poi l’alta presenza di Boorte,
Che tolto m’ha da perigliosi danni,
Ben mi può assicurar lo stato incerto
E trionfo di lui prometter certo.
l
Ma perchè riposato alla battaglia
Vien frescamente, e noi lassi ritruova
Ch’all’estremo calor tra piastra e maglia
Avem fatta di noi sì lunga pruova,
È il mio consiglio, se di lui vi caglia,
Ch’omai quinci nessun più il passo muova
Ma sol s’attenda e cerchi sostenere
Il primiero furor di queste schiere.
li
Così fermo fra loro, i cavalieri
Si disteser per l’ali d’ogni lato,
Ove il re Pelinoro con gli arcieri
Quasi al medesmo punto era arrivato,
Ch’a molti duci avevano e guerrieri
Condotto con gli strai l’estremo fato:
Or, sentendo il bisogno, l’altra impresa
Lassando al corno suo torna in difesa.
lii
E ’nsieme esso, il re Lago e ’l pio figliuolo,
Il famoso Boorte e gli altri poi
Van tutti intorno all’ordinato stuolo,
E ciascun quanto può conforta i suoi.
Ma il valoroso vecchio è quel che solo
Sopra gli altri si sente, e dice: Or noi
Siam qui, cari figliuoi, per mostrar chiaro
Che non a torto aviam nome sì raro.