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lxvii
     Sì come adivenir tal volta suole
Al combattuto legno presso al lito,
Che si veggia affoscar di sopra il sole
E ’l mar col cielo a gran tempesta unito,
Chè ’l nocchiero avveduto in alto vuole
Rivoltarse a cammin largo e spedito
Per gli scogli schifar, ma il vento sforza
E ’l fa rompere a terra a viva forza;
lxviii
     In tal guisa il miglior venia portato
Dal furor popolare al proprio danno:
E Boorte col ferro insanguinato
Va doppiando al primier novello affanno,
E nel mezzo di lor ferendo entrato
Ove più per timor congiunti vanno
Tanti ha sospinti alle Tartaree strade
Che del suo crudo oprar quasi ha pietade.
lxix
     Ma l’accorto Brunoro, ch’al fin vede
D’assicurar più i suoi chiusa ogni via,
E ’l soccorso cercar da Palamede,
Con Tristano occupato, in van saria,
E distrutto sarà, se non provvede,
Inverso Seguran tosto s’invia,
E ritruoval che ’n man la briglia tiene
Per muover poscia ove il bisogno viene;
lxx
     E che presso di lui Clodino avea
Ch’è fuor d’impedimento e di periglio
Della spalla impiagata, e già tenea
Di tornare alla guerra ivi consiglio.
Brunoro irato allora alto dicea:
Or che attendete, o generoso figlio
Del famoso e magnanimo Clodasso,
Che tutto il popol suo sia vinto e lasso?
lxxi
     E che ’ntorno alle porte omai d’Avarco
O che dentro di lor pur sia la guerra?
Or non sapete voi che d’alma scarco
Con Verralto Druschen si giace a terra?
E che Boorte di vittorie carco
Qual le gregge il leone i nostri atterra?
Posti ha in fuga i cavalli e i levi arcieri
E i pedestri più gravi miei guerrieri.
lxxii
     Non offendon costor le mie contrade,
Nè cercan posseder quel che contiene
Emso e Visera, ove l’algenti strade
Il germanico mar bagnate tiene:
Contra il vostro terren cingon le spade,
Per vendicar le ricevute pene
De i vecchi padri lor, ch’ebber da voi,
E i regni racquistar che fur de’ suoi.
lxxiii
     E voi gloria d’Ibernia, o Segurano,
Che restate a veder co i vostri intorno?
In fin ch’ogni soccorso venga in vano
Poi che fiaccato l’uno e l’altro corno
Avrà de’ nostri il popol gallicano
E ’l britannico stuol con tanto scorno?
Ove dorme il valor del sangue Bruno
Che fu sempre onorato da ciascuno?
lxxiv
     Non vi sovvien che la reale sposa
Nell’assediate mura oggi si giace,
E nella vostra man sola riposa
Le presenti arme e la futura pace?
La mia dimora in altra parte ascosa
Nè teme di costor l’unghia rapace;
E pur con tutto ciò veder potete
Quanto adopro per voi, che ’n posa sete.
lxxv
     Nè per voi mancherò, signor, già mai
Fin ch’io sostenga in man lo scudo e ’l brando.
Ma gli afflitti guerrier non ponno omai
Contrastare al furor che va montando,
Ch’è giunto a tal che maggior forza assai
Conviensi opporgli, o di speranza in bando
Porre i chiari disegni e gli alti onori,
Le desïate palme e i sacri allori.
lxxvi
     Or non soffrite più ch’un ferro solo
Tutti i vostri miglior conduca a morte,
E che si possa dir ch’un tanto stuolo
Fugga davanti al giovine Boorte:
E vi movete omai, signore, a volo
Con le vostre onorate e chiare scorte.
Faccia il vostro valor nel mondo segno
Che di regia beltà non foste indegno.
lxxvii
     Punse l’aspro parlar l’invitto core
D’ambe i due cavalier ch’erano insieme;
Ma tinto il volto in giovinil rossore,
Che ’l nome di viltà più d’altro teme,
Dicea Clodino: Il debito e l’onore
Che intègri confermare ho ferma speme
M’han qui tenuto, e ’l sacro giuramento
Che di rompere al ciel troppo pavento:
lxxviii
     Perchè fuor di ragion sendo impiagato
Gaven, contro a cui sol la guerra avea,
Di far torto alla fede avrei pensato
Se innanzi a questo tempo arme cingea.
Or ch’io veggio gli amici in tale stato,
E condotti da quelli a sorte rea,
Fo voto al Ciel che non per fare offesa,
Ma per difender noi, torno all’impresa.
lxxix
     Così parlando, a Seguran rivolto
Segue: Onorato mio cognato e caro,
Io vi prego oggi che tra ’l popol molto
Che ’ntorno avete sì gradito e chiaro
D’alcun buon cavalier più ardito e sciolto
Non vi mostriate in tal bisogno avaro
A chi tanto v’onora, acciò ch’io vada
A i miei ripor nella smarrita strada;
lxxx
     E ’n questo mezzo voi con greve passo
Verrete a sostenerne e darne aita,
E ’l nemico ridur sì frale e basso
Che la via di vittoria sia spedita.
Il prode Seguran risponde: Lasso
Mai non sarò, fin della propria vita,
Di far quanto v’aggrada, e in voler vostro
Sia d’avere i miglior del corno nostro.