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Adresto poi, del qual mai più felice
Non vide alcun la rapida Lisera,
Che sposa avea la vaga Berenice
Che fu dell’alma sua la vita intera;
Per le man di Boorte, l’infelice
Innanzi al mezzo dì fu giunto a sera,
Ch’alla gola il percosse: ed ei morendo
Il suo lontano amor chiamò piangendo.
xcvi
Ma il valoroso Lago, ch’è disciolto
Dal numero infinito ch’avea intorno,
Sopra il caval montato e ’n sè raccolto,
Alla guerra intermessa fa ritorno,
Dicendo a gli altri con allegro volto:
Or gimo a vendicar l’avuto scorno,
Chè ben provvide il ciel fidate scorte,
Poi che qui spinse il nobile Boorte.
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Così col figlio Eretto e gli altri insieme,
Ove la gente avversa è più ristretta,
Con impeto crudel la punge e preme
E sotto sopra attraversata getta.
Quel morto è in tutto e quel languendo geme,
Quel d’uscir dalla calca in van s’affretta,
E quel che più scampar credea la vita
Più da gli stessi amici l’ha impedita.
xcviii
Pur, fra quei che fuggir, resta Piroco,
Che ’n sul lago Lemanno avea la sede,
In cui gli abitator del fertil loco
Avean, più che in altrui, sparanza e fede,
E quello dio fra lor ch’ha in guardia il foco
Il sommo sacerdozio gli concede:
Ma questa volta, in van da lui pregato,
Non potè in suo favor vincere il fato;
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Chè mentre al vecchio re con l’asta intende,
Disegnando a ferir quello e ’l destriero,
Nel forte scudo di traverso il prende,
E sfuggendo ha fallito il suo pensiero.
Ma il re spronando avanti in basso scende
Un colpo che ’l trovò dritto al cimiero,
Ove sopra la incude avea Vulcano
Ch’un dorato martel sostiene in mano:
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Quello abbatte lontan, poscia divise
La celata ch’avea di doppio acciaro,
Là fabbricata in maestrevol guise
Ove il Rodan riprende il corso chiaro
Da’ servi del suo dio, ch’all’opra arrise;
Ma non per tutto ciò fè gran riparo,
Perch’oltra ancor la già sacrata testa
In due parti disgiunta in essa resta.
ci
Ucciso Eretto avea Bellorofonte,
Che così s’appellò costui, chè nacque
Nelle fredde radici del gran monte
Ch’a Lisera dà ber le gelide acque,
Perchè là intorno al suo nevoso fonte
Vinto per le sue mani e morto giacque.
Un morto rio, di vista orrenda e fera
Che fu simil tenuto alla Chimera.
cii
Ma il braccio, contro a quel sì forte allora,
Verso il giovine ardito or parve frale:
Perch’ove, più il ginocchio spinge infuora
Percote in van, ch’a trapassar non vale;
E l’altro a lui nella medesim’ora
Sovra il collo drizzò colpo mortale
Che ’n basso gli gettò la fronte d’alto,
E fè in terra rotando amaro salto.
ciii
Patride al cerchio d’or l’empio Proete
Con la gola impiagata morto stese,
Cui di torto regnare ingiusta sete
Indusse a tal che ’l proprio frate offese,
Nè il sen della pia madre Filemete
Nè l’aspro lagrimar, lasso, il difese;
Doppo il qual fu tiranno ingiusto ed agro,
Lungo il Rodan del popolo Veragro.
civ
Plenoro, ch’abbatuto era pur dianzi
E ch’ha d’offender quei dritta cagione,
Come gli altri a caval si mette innanzi,
Là dove incontra il misero Etïone
Ch’a’ dolci versi e placidi romanzi
Più ch’all’opre di Marte studio pone:
Ma seguia Gracedon della Vallea,
Che di lui spesso udir diletto avea.
cv
Tra lauri, aranci e mirti era nodrito
De’ colli provenzai, che ’n contra stanno
Al mai sempre a’ nocchier securo lito
Che le Stecade in cerchio all’onde fanno:
Or qui l’empio destin l’ha fatto ardito
Di gir contro a Plenoro, a suo gran danno:
Perchè, mentre ch’ei pensa ove ferire,
Può il cor sentir di greve punta aprire.
cvi
Pianser le Muse allor, ma non potero
Col dolce lagrimar disdire al fato.
Matagrante anco spinse il suo destriero
Ove scorge Scamandro a lui voltato:
Dona un colpo alla spalla, e tutto intero
Il braccio della spada gli ha troncato;
Cadde il meschino, e piange entro al suo seno
Che lassò mai di Sorga il lito ameno.
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Or poi che vendicato in maggior parte
Ha gli oltraggi sofferti da’ nemici,
L’antico re dell’Orcadi si parte
E torna ove aspettato è da gli amici:
Che sbigottiti ancor sono in disparte,
Senz’ordine tener, lassi e ’nfelici
Come greggia in tra’ lupi che lontani
Aver senta da lei pastori e cani.
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Ma quando vider lui lieto apparire
Come sceso dal ciel gli vanno intorno.
Ivi ciascun narrando vuole aprire
Il ricevuto danno e ’l sommo scorno:
Di vendicarse ogni uom mostra desire
Pria che nell’ocean s’attuffe il giorno,
Poi sopra la fortuna o in altrui pone
Di quanto avvenne lor l’aspra cagione.