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I suggetti e vassalli seco avea
Che più cari e fedeli erano al padre,
Poi che ’l vecchio Clodasso non potea
Seguir, come già feo, l’armate squadre:
E perchè molta in lui speme tenea
E vedute n’aveva opre leggiadre,
Doppo il buon Seguran fe’ lui primiero
Sovra ’l sommo de’ suoi famoso impero.
CANTO III
ARGOMENTO
Per desio di Gaveno e di Clodino
I duo re litiganti in essi han posto
Ogni lor differenza; e nel divino
Giudizio in pria lor giuri hanno riposto:
La battaglia ha dipoi fatal destino,
Chè un dardo vibra il reo Druschen, nascosto,
Dal qual resta Gaven di sangue tinto,
Quando Clodino a lui davasi vinto.
i
Poi c’ha tutte d’intorno ogni alto duce
Le sue genti ordinate a schiera a schiera,
Il vecchio re dell’Orcadi, in cui luce
Dell’arte marzïal la norma vera,
Comandato dal re tutti conduce,
Ove lassa a man dritta la riviera
Del picciol Euro, in loco aperto e piano
Dalle piagge e da’ fossi assai lontano.
ii
Ivi in due parti eguai tutto divide
Il numero infinito de’ guerrieri:
Questi a sinistra e quelli a destra asside,
Assegnando tra lor larghi sentieri
Sì che ben possa chi gli regga e guide
Menar per entro insegne e cavalieri;
Le genti della fronte spesse e strette,
L’altre che seguon poi più rare mette.
iii
Tra quei dinanzi pon le più lunghe aste,
Nelle spalle e ne’ fianchi ancor l’istesse,
Ogni scudo nel mezzo, a fin che baste
De’ primi a sostener le forze oppresse:
D’arcieri e frombator le schiere vaste,
Sciolte da tutti gli altri, ha intorno messe,
Poscia di cavalier distese l’ali
In ciascun corno, l’une all’altre eguali.
iv
Fu del sinistro duce il buon Tristano,
Gaven dell’altro, e così vuole Arturo;
Gli arcier, ch’erano a piede a destra mano,
Guidò quel giorno il buon re Pelinuro;
Lionello, il nipote del re Bano,
Menò i compagni che dall’altra furo;
Della destra i cavai menò Boorte,
Maligante dell’altra, il saggio e ’l forte.
v
Nè men di questi fuor d’Avarco venne
Il fero Segurano a guerra armato,
Ma divisi in tre parti i suoi mantenne,
E con ordin men saldo in ogni lato.
Sopra i primi a venir l’impero tenne
Palamede, il possente nominato,
Degli altri Seguran: la terza parte
Conduceva Clodin, chiamato il Marte.
vi
Palamoro il valente in guardia avea
Di tutti i cavalier le larghe torme;
Verralto della Rocca conducea
De’ pedestri leggier le varie forme.
Or l’uno e l’altro campo si vedea
Con ritenuto passo segnar l’orme,
Apportando ciascuno a poco a poco
Al suo speranza, e tema all’altro loco.
vii
Di barbaresche voci e stran romore
Empion l’aria, venendo, quei d’Avarco:
Come i gru peregrini, che l’algore
Temon del verno di tempeste carco,
Allor ch’a ritrovar seggio migliore
Fan sopra il mare il periglioso varco,
Che delle lunghe file al gridar roco
Risuona intorno ogni propinquo loco.
viii
Il contrario parea di quei d’Arturo,
Che tacendo venian col core inteso
In qual guisa il ferir sia più sicuro,
E possa l’avversario esser più offeso:
Quale i saggi villan, che ’l campo impuro
Ch’aggia di folte spine orrido peso
Voglian purgar, che disegnando vanno
Di schivarse all’oprar punture e danno.