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liii
     Così detto l’abbraccia ed esso allegro
Del ricevuto dono a lui risponde:
Figliuolo io prego il ciel che vivo e ’ntegro
Versi ogni bene in voi che ’n lui s’asconde,
Nè l’ingombre pensier noioso ed egro,
Ma qual platan felice lungo l’onde
Allarghi e innalzi i chiari onor di voi,
Ch’avanzin quanti fur maggiori eroi.
liv
     Indi baciato a lui l’invitta mano,
Con le some bramate si diparte;
E via volando, ancora era lontano,
Quando quei, che rimiran d’alta parte,
Tosto il conoscon, che calcava il piano,
Ove l’Euro con l’onde i liti parte;
E ben ponno stimar che seco avea
Il domandato don che s’attendea.
lv
     Onde il popol minor più pronto e leve
Varca l’onda d’Oron fuor della porta,
E con voci di duol noioso e greve
Al funesto venir s’è fatto scorta;
E tanto va crescendo in tempo breve,
Ch’all’andar de i destrier tardanza porta;
Pur Vagorre, spronando quanto puote
Fa largo il gire alle infiammate ruote.
lvi
     Or poi che dentro al fin l’alma cittade
Entrati son, da’ suoi vicin ristretti,
Di donne e vecchierei trovan le strade
Colme e l’ampie fenestre e gli alti tetti;
Che in triste note invocan la pietade
Degli dei lor per aiutargli eletti;
E chi condanna in ciò de’ suoi la colpa,
Chi ’l re medesmo e chi fortuna incolpa.
lvii
     Giunti poscia alla regia, il gran romore
In più doppi s’innalza e vola al cielo;
Chè ’l vecchio re piangendo esce di fuore
Coperto in sen di ceneroso velo;
E del più ricco carro, ove il colore
Cangia l’aurato pin, tratto dal zelo,
Poi che l’esser tropp’alto il figlio impaccia,
Le ruote e i legni il miserello abbraccia.
lviii
     Nè per dolce pregare indi si svolge
Di chi ’l volesse in alto riportare;
Che con men forza polipo s’avvolge
In saldo scoglio quando frange il mare;
E ’n verso il ciel le crude note volge,
Dicendo: O stelle rie, perchè furare
Mi voleste anco quel ch’al duro fato
De’ pegni miei più caro era avanzato?
lix
     E se ’l voleste pur, perchè lassarme
In tale età canuta e sbigottita?
Perchè non consentir, crude, privarme
Innanzi al suo partir di questa vita?
Perchè di Lancilotto le fere arme
Non mi potean per via corta e spedita,
Troppo lor nota omai del nostro sangue,
Nel dì stesso che lui, rendere esangue?
lx
     Così dicea; ma poi che ’n questi e molti
Tristi altri detti fu sfogato in parte,
Diè loco al fin che da quei seggi tolti
Fur riportati i morti in larga parte,
E sovra letti splendidi raccolti,
Ov’eran rose e violette sparte,
E ’n tra mille odorati e sacri fumi
Rilucea l’aria d’infiniti lumi.
lxi
     Ivi all’uso di lor locati intorno
Fur molti instrutti del funereo canto,
I quai con modo di tristezza adorno
Diero il principio al doloroso pianto;
Gli altri restando in tacito soggiorno
Sol co i sospir gli accompagnaro alquanto;
Ma doppo un breve star, carca di pene
L’afflitta Claudiana innanzi viene;
lxii
     Discinta e scalza in rozzo abito oscuro,
Di lagrime bagnata e l’auree chiome
Su ’l collo sparse dell’avorio puro
Eran fatte neglette e ’nculte some;
E con alto gridar doglioso e duro
Segurano abbracciando dice: Or come
Ti soffrì il cor già mai, dolce mio sposo,
D’esser ne’ danni miei tanto animoso?
lxiii
     Non vi sovvenne, oimè, quando partiste,
Partiste, oimè, per non tornar più vivo
Chè queste luci lagrimose e triste
Vedeste e questo vel d’anima privo,
Che con mille impromesse consentiste
D’esser per amor mio quel tempo schivo
Di gloria marzial, per non turbare
Chi più che ’l vostro cor diceste amare?
lxiv
     Non vi sovvenne, oimè, ch’io resterei
Col buon frutto di voi, ch’ascoso porto,
Trofeo de’ Franchi e de’ Britanni rei,
Senza soccorso, oimè, senza conforto?
Ch’a pena senza voi porrian gli dei
Condurmi, ahi lassa, in sì securo porto,
Che di mille atrocissime tempeste
Col futuro figliuol preda non reste.
lxv
     Or non pensaste voi con qual periglio
Rimanga ogni smarrita vedovella,
Di sostegno nudata e di consiglio,
Ov’è più ad uopo, nell’età novella?
Poi già sposa di tal, ch’aggia vermiglio
Il terren fatto in questa parte e ’n quella
Di sì gran cavalier, di tanti eroi,
I cui figli e congiunti odiano or noi?
lxvi
     Ma il maggior danno mio fosse pur questo,
Che di tosto morir sarei contenta;
Ma il viver’oltra voi grave e funesto
Assai più d’altra morte mi tormenta;
Ben giace in questa man seguirvi presto,
Chè da lei posso aver la vita spenta;
Ma del vostro figliuol pietà l’affrena,
Che dell’altrui fallir non porti pena.