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Alza il re Ganesmoro il suo forte arco
Con lo stral, ch’alla corda avea la cocca;
Poi disegnato assai con l’occhio il varco,
Che più dritto il conduce, il nervo scocca;
Va la saetta ben, ma il colpo è parco,
Che del segno più in basso alquanto tocca;
Suona il verde sostegno e per la tema
L’ali il pavido uccel scotendo trema.
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Vien Baveno il secondo e dritto coglie
Il laccio che la tien, col forte strale,
Tal che senza suo danno la discioglie,
Et ella indi fuggendo spiega l’ale;
Ma Lionel che scorge le sue spoglie
Portarne il vento e l’aspettar non vale,
Lo stral che sovra l’arco avea già posto,
Ove la vide gire addrizza tosto:
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E quasi in fra le nubi in alto ascosa
Il colpo micidial l’ha ritrovata;
Percuotela ove all’omero si posa
La sinistra ala, onde riman privata;
Tal che poi moribunda e disdegnosa
Rivolgendo per l’aria e ’nsanguinata
A i piè del percussor venne a cadere,
E ’l popol riempie il ciel di grida altere.
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Poi molto doppo lei quell’ala ancisa
Raggirata dal vento in basso scende;
L’una e l’altra raccoglie in lieta guisa
Il nobil Lionello e ’l pregio prende;
Così fan gli altri e Lancilotto avvisa,
Che ’l dì, che in occidente il corso stende,
Non l’ammonisce in van, che l’ottav’opra
Prima si rechi a fin, ch’e ’l sol si copra.
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E dice: Chi vorrà venire in prova
Della lancia avventar dritta e lontana,
Avrà, sendo il miglior, non d’opra nuova,
Ma di mano antichissima e sovrana
Lo scudo che donò, se ’l creder giova,
Teti al figliuolo alla città Troiana,
Da Vulcan fabbricato ed a me il diede
Viviana e che sia tal mi facea fede.
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L’altro un’asta bellissima ch’ancora
Si pensa esser d’Achille in Pelio colta.
Creuso il Senescial si drizza allora,
E doppo forse poi schiera più folta;
Ma il magnanimo Arturo, che vien fuora,
E con la maiestà ch’era in lui molta,
Dice: Io sarò con voi; fu la cagione,
Che non vennero in prova altre persone.
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E Lancilotto stesso, che s’accorge
Della troppa umiltà, va riverente,
E lo scudo fatato in man gli porge,
Dicendo: A voi convien veracemente,
Perchè in voi tal valore o più si scorge,
Che già nel suo signor primieramente;
E poi senza provar, tutti intendemo,
Che in ogni parte a noi sete supremo.
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Però vi piaccia il prenderlo e volere,
Che del vostro Creuso l’asta sia.
Ride il famoso Arturo e Dispiacere,
Dice, Non voglio a tanta cortesia,
E ’n memoria di voi m’aggrada avere
Il prezioso dono e per tal via
Prenda l’asta Creuso; e ’l pregio porge,
Che gliel serbi Agraven, che presso scorge.