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clviii
E dice: Alti signori, in cortesia
E per l’alta virtù di chi s’onora,
Quella coppia miglior che di voi sia
Più in arme esercitata, si mostri ora
Sovra il destriero a giostra e poi che fia
Rotta la forte lancia, tragga fuora
La spada micidiale e del primiero
Sien l’arme di Brunoro e ’l suo corsiero.
clix
Del fratel Dinadan le spoglie opime,
Che ricchissime son, saran di quello,
Che del brando ferir più forte estime
De’ gran giudicatori il pio drappello.
Non finì a pena le parole prime,
Che sovra alto caval possente e snello
Arrivar Maligante vede armato,
E ’l cavalier Norgallo d’altro lato.
clx
Ride il gran Lancilotto e dice: Omai
Non fia senza favor la lite nuova,
Poi che i miglior guerrier che fosser mai,
Per tal giorno onorar vengono in prova;
Or di voi l’uno e l’altro, come assai
Aggia spazio acquistato, il corso muova.
Poi di trombe svegliar quel grido face,
Per cui Marte s’accende e spegne pace.
clxi
Sprona l’un verso l’altro in tal furore,
Che la vista mortal gli segue a pena,
Qual austro e borea ch’alle torbid’ore
Si vengano a ’ncontrar sovra l’arena;
Truovansi a mezzo il corso e del romore
Tutta la chiusa valle e l’aria è piena;
Troncansi ambe le lancie e l’un destriero
Trapassò via volando al suo sentiero;
clxii
Ma quel di Maligante al crudo intoppo
Di volersi arrestar si mise in forse,
Pur’ oltra andò con debile galoppo,
Non come infino allor, volando corse;
Chè l’asta, che per lui fu dura troppo,
Dritto al suo buon signore il colpo porse
Nel volante frontal sovra la vista,
Onde il buon cavalier più lode acquista.
clxiii
Il percosso guerrier si piega alquanto
Con l’elmo indietro che la testa aggreva;
Ma il gran core e ’l vigor gli giova tanto,
Che in breve spazio in alto la rileva;
Ma più dolor gli apporta, ch’altro tanto
Danno il prode avversario non riceva;
Chè no ’l ferisce in fronte, ma in quel loco,
Che vien sotto la gola basso un poco.
clxiv
Volge il caval ciascuno e con la spada
Tosto al secondo onor bramoso riede;
L’accorto Maligante opra che vada
Ben grave il colpo e sol la fronte fiede;
L’altro ferisce lui per ogni strada,
Ove ha più il modo e più scoperto il vede;
Mena più spessi i colpi e non gli cale
Se quel più che quell’altro in guerra vale.
clxv
Trovagli pure al fin la destra spalla
Con forza tale e così viene a pieno,
Che ’ndormita la man di poco falla,
Che non lass’ire il brando su ’l terreno,
Dicendo: Or prove la virtù Norgalla,
Se di quella di Gorre possa meno.
Ma si rinforza il fero Maligante,
E più saldo e leggier che fosse innante;
clxvi
Con mille colpi e tutti nella testa,
Il cavalier Norgallo ripercuote;
Non rivolge tant’onde atra tempesta,
Quando più soffia il vento di Boote;
Ned ei per tutto ciò queto s’arresta,
Nè le speranze sue rimangon vòte,
Ma col cor’alto e con la spada stretta
Fa del duol che gli vien chiara vendetta.
clxvii
Ma il nobil Lancilotto, ch’ha timore,
Che ne possa avvenir più grave danno,
Entra in fra loro e frena quel furore,
Che dolce sembra e poi n’apporta affanno;
E ’l re Lago e i compagni il primo onore
Al cavalier Norgallo uniti danno;
Perch’al correr dell’asta fu sovrano,
Come l’altro alla spada oprar la mano.
clxviii
Così quel di Brunoro ebbe le spoglie,
L’altro di Dinadan senza contesa;
Indi il buon Lancilotto si raccoglie
Con l’altra schiera a muover liti intesa,
Dicendo: Qual di voi spronin le voglie
D’esercitare i piedi all’alta impresa
Del leggier corso, innanzi si dimostri,
E nessun vòto andrà de’ pregi nostri;
clxix
Che due famosi cani avrà il primiero,
Ch’avanzan di grandezza ogni molosso;
E ciascuno è di lor sì forte e fero,
Ch’ave e l’orso e ’l leon di vita scosso;
E d’oro ornate con lavoro altero
Tutto armato ha di piastre il petto e ’l dosso;
Del medesmo ave al collo aspro monile,
Ch’ogni aguto ferir si tiene a vile.
clxx
Avrà il secondo un animoso pardo,
Che di spoglia ricchissima è coperto;
Al cui correr veloce è il vento tardo,
Snello e vago ha il saltare e ’l morder certo;
Sarà premio del terzo un leve dardo,
Di cui d’ebano è l’asta e ’l ferro ha inserto
Di sì incantata e sì mirabil tempre,
Che ciò ch’ei può ferir l’uccide sempre.
clxxi
Nè fien vòti di pregio gli altri ancora,
E sia quanto potrà lunga la schiera;
Ch’assai tesor di spoglie mi dimora,
Ond’io possa gradir la gloria vera.
A sì dolce invitar già mostra fuora
La persona ch’avea sciolta e leggiera,
Di veste scarca il suo cugin Boorte,
Appellando i vicini a quella sorte.