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lx
E gli dice: Or va intorno a tutto l’oste,
E ’n mio nome dirai, che chi desia
Gloria e palme acquistar, che fien proposte
A’ giuochi militar, qui tosto sia;
Ma primiere al gran re vengano esposte
Le mie ambasciate, ed egli in cortesia
Voglia di sua presenza addurne onore,
Per ch’ogni altro al venir disponga il core.
lxi
Non ritarda il Tarquiro e ’l cammin prende,
E come al sommo Arturo il tutto ha detto,
Per congedo di questo il passo stende
Ove sia duce o cavalier più eletto;
Or poi che ’l campo le novelle intende,
Ogni miglior guerrier s’infiamma il petto
Di tosto all’alte prove ritrovarse,
E mostrar che non ha le forze scarse.
lxii
E ’l ciel che favorir l’impresa vuole,
Fa che quei che ’mpiagati erano avanti,
Il buon Serbin con l’erbe e con parole,
Con sacri impiastri e con divini incanti
Sanati ha sì, che ciò che aggrava e duole
Era fermo e risaldo in tutti quanti,
Sì che possan venire in tutte prove,
Come facesser mai più forti altrove.
lxiii
Or già primo il gran re si rappresenta
Con vesti aurate al destinato loco;
Ogni altra gente al lui seguire intenta
Stampa l’orme reali a poco a poco;
Ciascun d’esser più ornato s’argomenta,
Che ’l piacere a tal’uom non prende in gioco;
Il nobil Lancilotto Arturo accoglie,
Nè d’onorarlo assai sazia le voglie.
lxiv
Fa il medesmo da poi secondo il merto
A quanti eran con lui regi e signori,
Sott’ampio padiglion, ch’era coperto
Dentro d’oro e di seta e d’ostro fuori;
Ov’era il ciel con le sue stelle inserto
Con la luna e col sole in tai lavori,
Ch’ogni uom dicea con nuova maraviglia,
Che non più il vero al vero s’assimiglia.
lxv
Questo fu del re Archindo, che tenea
La dolorosa guardia in suo potere,
Il qual già Lancilotto a morte rea
Sospinse e vinse l’animose schiere;
E quante altre ricchezze ivi entro avea,
A i compagni e gli amici donò intere;
E sol volle di questo essere adorno,
Il qual mai non spiegò fino a quel giorno.
lxvi
Sotto del quale allor fece locare
L’aurata mensa, ove soletto assise
Il gran Britanno e di vivande rare
Fu più volte carcata in varie guise;
Poi sotto ombre frondose all’aure chiare
Non molto a lui lontana di fuor mise
Una rotonda tavola, dov’era
De gli altri cavalier l’ornata schiera.
lxvii
Poi per gli altri guerrier, che tanti furo,
Che ’l numero contar poteano a pena,
Senz’ombra ricercare all’aer puro
Avean per seggio l’infiammata arena,
Che di gregge e d’armento orrido e duro
Fu tutta intorno riccamente piena,
Ma tal ridotto al lungo foco e grave,
Ch’al popol marzial venia soave.
lxviii
Poi di vin preziosi erano sparsi
Con misura maggior vasi infiniti,
All’intorno de’ quali allegri farsi
S’udian del gran romore i vicin liti;
Nè di lodar fra loro erano scarsi
Di Lancilotto poi gli alti e graditi
Atti cortesi e più l’invitta mano,
Ch’avea tanti altri uccisi e Segurano.
lxix
Ma in altro grave suon tra i duci e i regi
Si sentian fuor venir le sagge note
Di senno adorne e di bei detti egregi,
D’invidia in tutto e d’altrui biasmi vòte;
E sovra tutti quel ch’ha mille pregi
Tra le propinque genti e le remote,
Dico il gran re dell’Orcadi, ogni core
Riempiea di dolcezza e di valore.
lxx
Poi che d’esca e di vin queto è il desio,
Guardando va l’esercito britanno
I pregi del certar, che lungo il rio
Sovra verdi troncon sospesi stanno,
Tutti di gran valor; chè ’l guerrier pio
D’amico sì fedel doppo il gran danno
Vorria quante ha ricchezze, oro e terreno
Del gran feretro suo versare in seno.
lxxi
Già di sonore trombe cinto intorno
L’onorato Tarquir si mostra fuori,
Di ricco argento e di vemiglio adorno,
Che del figlio di Ban sono i colori;
E da poi che tre volte d’ogni intorno
Fè risonare il ciel d’alti romori,
Grida: Il gran Lancilotto per memoria
Del buon re Galealto e per sua gloria
lxxii
Oggi intende propor l’ottava prova
A’ duci illustri e chiari cavalieri;
Il primier fia di chi più ratto muova
Il corso steso a i nobili destrieri;
L’altro di chi più saldo si ritrova
Nella lutta e più integro e più leggieri;
Il terzo poi nell’impiombato cesto
Chi col pugno al nemico è più molesto.
lxxiii
Indi chi armato in bellicose giostre
Meglio addrizzi la lancia e ’l brando stringa;
Il quinto, chi più pronto il piè dimostre,
Ch’al corso velocissimo s’accinga;
Poi chi fia quel, che fra le forze vostre
Grave e ferreo baston più innanzi spinga;
Il settimo sarà, chi ’l segno tocchi
Più vicin con lo stral, che d’arco scocchi.