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cxlix
Così parlando, col vigor che resta,
Che pur poco era omai, torna a battaglia;
E quinci e quindi quanto può molesta
Del franco cavaliero or piastra or maglia;
Drizzagli al fine il brando su la testa
Tal che la vista quasi gli abbarbaglia;
Onde il figlio di Ban mosso a giust’ira
Per dar fine alla guerra un colpo tira:
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E drittamente il colse, ove la gola
A gli spirti e ’l cibo ha doppia strada;
L’una e l’altra squarciando, innanzi vola
Tinta d’altro color l’aguta spada:
Col sangue mista rapida s’invola
L’alma, cui vero onor non altro aggrada;
Cadde il gran busto e l’arenosa valle
Empion d’alto romor l’armate spalle.
cli
Il chiaro vincitor tosto l’accoglie,
Punto il cor di dolcissima pietate;
E con sembiante uman dall’elmo scioglie
Le luci già di tenebre adombrate;
Lo scudo e ’l chiaro brando indi gli toglie
Aprendogli le man, che ancor serrate
Così morto tenea, come anco schivo
Di sì onorate spoglie ivi esser privo.
clii
Tutto il popolo Iberno e l’altro insieme,
Che quivi era vicin fugge in Avarco,
Qual gregge a cui leon col morso preme
Il pio pastore e ’l can di morte al varco;
Ma il Britannico stuol di certa speme,
E di estrema dolcezza il petto carco,
Corre a veder; nè che sia crede ancora
Dello spietato cor l’anima fuora;
cliii
Nè s’ardisce appressar, ma di lontano
Il fero volto suo, che Marte spira,
Il forte petto e la possente mano,
Ch’ei teme ancor, con maraviglia mira;
Ma doppo alquanto il figlio del re Bano
Dal sovrastante vulgo indietro il tira,
E ricoperto poi d’aurati fregi
Il fa seco portar fra gli altri regi.
cliv
E condotto all’albergo il fa purgare
D’ogni macchia, ch’avea di sangue o polve,
Con tepide acque e dentro dispogliare
Di che più tosto in putrido si solve;
Poi sotto Galealto il fa locare,
Ma pria di tela serica l’involve;
Fa il medesmo degli altri e di Clodino,
Ch’al forte Seguran fu il più vicino.
CANTO XXIV
ARGOMENTO
Ogni Britanno esalta il vincitore,
Che sempre mesto, e’ alfin dal sonno preso;
E Galealto presso al nuovo albore
Gli appar, e dice ch’è dal ciel disceso.
Desto, alla salma ogni dovuto onore
Con regia pompa, e molto pianto e’ reso;
Quindi ne’ giochi funerali ai prodi
Porgonsi i doni e le mertate lodi.
i
Morto il gran Segurano e rifuggito
Tutto l’oste avversario dentro Avarco,
Lassa il Britanno stuol già d’Euro il lito,
E ’n verso i padiglion di gioia carco
Volge il piè vincitore e del gradito
Lancilotto lodar nessuno e’ parco,
Dicendo: Ei tanto più d’ogni altro vale,
Che non si dee stimar cosa mortale:
ii
E ben si può biasmar l’aspro consiglio
Dello sdegnoso Arturo e di Gaveno,
Che n’avea tutti posti a gran periglio,
E la parte miglior di morte in seno.
In tai parole il popolar bisbiglio
Correa d’intorno di licenza pieno;
Gli altri duci maggior taciti stanno,
E l’invidia di lui celando vanno:
iii
Onde tutti son colmi, fuor che solo
Il generoso cor del pio Tristano,
Che non teme poter di pari il volo
Stender’un dì, che poco avea lontano;
Or poi che le sacr’arme e ’n parte il duolo
S’ha dispogliato il figlio del re Bano,
Con fresche onde alle mani, al collo, al volto
L’altrui sangue e ’l sudor s’aveva tolto.