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     Qui dell’uno e dell’altro in guisa accresce
Lo spietato desio di vendicarse,
Chè con manco favor s’avvolge e mesce
La fiamma in Mongibel, quando più arse;
Ma poi che ’l ferir primo in van riesce,
Per tosto vincitore a’ suoi mostrarse,
L’uno e l’altro di lor lassa da parte
Del marzial lavor la norma e l’arte
cxxii
     E senza aver riguardo al suo vantaggio,
Come l’ira amministra i colpi vanno,
Più spessi assai ch’al tempestoso maggio
Grandine ch’alle spighe apporti danno;
Nè così ratto in giro il solar raggio
Muove specchio, ch’è mosso; come fanno
Le spade lor, che sembrano al sereno
Notturno estivo ciel lampo e baleno.
cxxiii
     Il popol ch’a vedere è intorno accolto
Dall’una e l’altra parte e stassi in pace,
Col cor tremante e con dubbioso volto
Or spera or teme quel che più gli spiace,
In sen parlando: Or n’è concesso o tolto
Il fin bramato e la tranquilla pace;
Perchè in man di costoro è posto solo
Il ben perpetuo o ’l nostro eterno duolo.
cxxiv
     E levando le ciglia in preghi e ’n voti
Ciascun quel che desia domada alcielo;
Questi con umil cor chiaman devoti
Chi del ver prima ascoso squarciò il velo,
Quelli i fallaci dei più bassi e noti,
Giove, Marte e ’l pastor che nacque in Delo,
Chè al suo donin vittoria per mercede
Dell’avuta di lor credenza e fede.
cxxv
     In questo tempo i nobili guerrieri
Sono offesi fra lor di danno eguale;
Van di pari al ferirse arditi e feri,
E di pari han partito il bene e ’l male;
Son caduti per terra ambe i cimieri,
E l’incantato ferro a pena vale
Degli elmi a mentener salva la testa
Dalla forza crudel, che gli molesta.
cxxvi
     E senza piaga aver riman sovente
L’uno e l’altro di lor quasi stordito,
Ma il core invitto e l’animo possente
Mantiene al corpo il suo vigor sì unito,
Che qual gravato più talor si sente,
Per vergogna, ch’ei n’ha, più torna ardito,
E tal la mano sprona al vendicarse,
Che non gli tornan mai le forze scarse.
cxxvii
     Qual nell’ampio ocean, quando l’offende
Il nevoso aquilon con grave assalto;
Ch’ove più l’onda spinta in basso scende,
Più in minaccioso suon risurge in alto,
E ’l turbato suo corso innanzi stende,
Variando il cammin di salto in salto,
Sì ch’ora eccelso monte ora umil valle
Si lassa indietro alle spumose spalle.
cxxviii
     Tale avvien di costor; ch’or quello appare
Quasi esser vincitore e poi si vede
Questo con tal valor sopra tornare,
Che di lui sol la palma esser si crede;
Ma l’orgoglioso Iberno, ch’aver pare
Si sdegna al mondo e che si tiene erede
Di quanta gloria mai gli antichi suoi
Ebbero al mondo e tutti gli altri eroi;
cxxix
     E ch’omai trarre a fin vuol questa guerra,
E ch’ha vergogna in sè, che tanto dura;
Irato ad ambe man la spada serra
Per isforzar se stesso e la natura;
Drizzala in fronte, ma vaneggia ed erra;
Chè ’l saggio Lancilotto, ch’ha pur cura
Di quanto avvenir puote, alza lo scudo,
Chè non vegna su l’elmo il colpo crudo.
cxxx
     E bene ad uopo fu; che in cotal guisa
Rovinò in basso l’orrida tempesta,
Ch’ogni pietra durissima divisa,
Non pur di Lancilotto avria la testa;
Ma l’incantata guardia non incisa,
Nè pur segnata di quel colpo resta;
Fu ben cotal, che in un la mano e ’l braccio
Ne sentir lungamente amaro impaccio.
cxxxi
     Or non fu visto mai salvatico orso
Sovra l’Alpi avventarse con tant’ira
Verso il fero mastin che l’avea morso,
E di lui paventando il piè ritira;
Chè ruggendo e gemendo il tardo corso
Muove infiammato e tutto rabbia spira,
In fin che ritornato a nuova guerra
Con l’artiglio mortal lo stese a terra;
cxxxii
     Come in quel punto fece Lancilotto,
Spingendo il suo destrier nel percussore;
E di punta il ferio, che scorse sotto
Lo scudo al petto che si mostra fuore;
Trapassò il brando adentro, ma condotto
Non s’è tant’oltra che trovasse il core;
Chè nella quarta costa in basso il prese,
Nè dritto giìo, ma in alto si distese.
cxxxiii
     S’empion l’arme di sangue e non ne cale
All’animoso Iberno, che già il sente,
E con più ardore il gran nemico assale;
Ma intanto il negro Eton, che men possente
Fu di Nifonte, a contrastar non vale
Al furioso urtar, che alteramente
D’improviso gli vien dal destro lato,
Sì che sopra il sinistro è riversato.
cxxxiv
     E sopra il suo signor tutto si trova,
Il qual più presto assai, che leve augello
Da lui si scioglie ed a novella prova
Si rappresenta minaccioso e fello;
Ma il nobil Lancilotto a cui non giova
Vantaggio alcuno aver, veloce e snello
Salta giù dal destriero e ’n larghi passi,
Onde vien l’avversario, innanzi fassi.