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     E dove pria donar pensava aita,
Or del suo giovin re s’arma a vendetta,
E baldanzoso sprona e gli altri invita,
Nè però alcun di lor tardando aspetta;
Arriva, ove la man forte et ardita
Tenea contro al suo gir la spada stretta;
Ma per esser colui più grande assai,
No ’l può sopra la spalla aggiunger mai.
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     E quello alteramente sovra lui
Il può sempre ferir dritto alla testa,
Nella qual raddoppiando i colpi sui
Or quinci or quindi di ferir non resta;
Ma il Franco invitto, ch’ha virtude, in cui
Nulla forza mortal verria molesta,
Basso e ristretto in sè tutto sostiene
Tanto ch’al suo disegno al fin perviene.
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     Che allor, che ’l grave brando in basso scende
Per impiagarlo ancora alza lo scudo,
E dall’aspra percossa si difende;
Poi gli addrizza di punta un colpo crudo,
E sotto il destro braccio proprio il prende,
Ove il loco di piastra è sempre ignudo,
Solo armato di maglia, che men resse,
Che tela al grandinar, ch’aragne tesse.
xcvi
     Che trapassa entro al cavo di quell’osso,
Ove all’omero il braccio si congiunge,
E seguendo il cammin ch’ha in alto mosso,
In fin nel collo per la spalla aggiunge;
Ma no ’l vedendo ancor di vita scosso,
Tragge indi il brando e nuovamente punge
Nelle coste più basse al lato manco,
Che fan l’arco minor vicino al fianco:
xcvii
     E squarciò l’intestin, che primo accoglie
Quel ch’avanza a nodrir la vita umana;
Così dal suo gran vel l’anima scioglie,
Che di crudele orgoglio era sovrana;
Ma già vien Terrigan, che delle spoglie
Di Lancilotto ha in sè speranza vana,
Pensando: Così stanco è questo omai,
Che sarà il mio valor più saldo assai.
xcviii
     Cotal dicendo in sè, ver lui s’avventa
Quasi intricato ancor con Bustarino,
E con la spada d’improviso il tenta,
Ove il collo alla testa è più vicino;
Ma d’impiagarlo indarno s’argomenta,
Chè ’l ferro al suo poter fu troppo fino;
Allor di sdegno pien l’alto guerriero
Verso ove il colpo vien, torna il destriero.
xcix
     E gridando altamente: O disleale,
Non ti fieno anco d’utile i tuoi inganni,
Nè schivar ti porran l’ora fatale,
Che ’n su ’l lor bel fiorir ti tronchi gli anni;
E ’n questa viene il colpo micidiale,
Ch’alla perpetua notte gli condanni
L’umana luce, che traverso il prende,
Ove il collo più basso al petto scende:
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     E ’l troncò tutto; e la feroce testa
Assai d’ivi lontana andò per terra,
Di papavero in guisa a cui molesta
La verga fosse, che per gioco serra
La fanciullesca man; che sciolto resta
Dal suo sostegno e pallido s’atterra
Intra l’erba più vil, ma ch’al suo piede
Avea presa di lui più ferma sede.
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     Cadde appresso il gran busto e fè la valle
Risonare e tremar d’alto romore,
Quando l’arena dell’armate spalle
Oppressa fu dal subito furore;
Or gli altri cavalier cercano il calle
Per trarsi omai di tal periglio fuore,
Nè si trova di tutti alma secura,
Fin che non sia d’Avarco entro alle mura.
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     Ma il Ner Perduto, che sovra il destriero
Rimontato più tardo si ritrova,
L’ultimo fu di lor, che ’l braccio fero
Del crudo Lancilotto miser prova;
Drizzagli irato un colpo su ’l cimiero,
Cui finissimo acciar niente giova;
Chè col capo in due parti su le spalle
Fu orrendo incarco all’arenosa valle.
ciii
     Fa il chiaro vincitor, che sia portato
Il gran regio figliuol, questo e quei dui,
Ove morto di lor rimanga ornato
Chi più d’ogni altro vivo è caro a lui:
Or già di duci tali il duro stato,
E di molti altri amici e cugin sui
Pervenuto alle orecchie era lontano
Per più d’un nunzio certo a Segurano.
civ
     E fu in fra molti il giovin Polibone
Mandato ultimo a lui dal re Vagorre,
Poi che Clodasso alla real magione
Condotto avea dalla famosa torre;
Il qual pungendo con più aguto sprone,
Che possa, il suo caval, cercando corre
Del grande Iberno e l’ha trovato in breve,
Ch’avea col re Tristan battaglia greve.
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     La quale a punto allor condotta a tale
Per l’una e l’altra parte si vedea,
Che poco potea gir, ch’era mortale
Per chi più avversa la fortuna avea;
Però che la virtù fu tanto eguale,
Ch’assai poco il vantaggio si scernea;
Pur di Meliadusse il franco erede
Vie più pronto e leggier talor si vede.
cvi
     Rompe allor Polibon l’aspra battaglia,
Gridando: O re d’Ibernia, e’ vi conviene
Altrove arme squarciare e romper maglia,
Ove morti i miglior son gli altri in pene;
E se del nostro onor punto vi caglia,
E di chi scettro in man d’Avarco tiene,
Venite a dar soccorso a quelle mura,
In cui pur Claudiana è mal sicura.