Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
cvii
Da tutte l’altre poi solo in disparte
Il nome alto surgea di Margherita,
Ove il saggio scultor ripose ogn’arte
In mostrarla a ciascun vaga e gradita;
Nè lasserien le stelle alcuna parte
In farla oltra ’l mortal rara e compita
Di virtù, di valor, di cortesia,
Saggia, casta, gentile, onesta e pia;
cviii
E che merti con l’opre drittamente
D’esser chiamata poi figliuola e suora
Di Francesco e d’Enrico, onde sovente
L’uno e l’altro di lei se stesso onora;
Mostrava in vista dalla bassa gente,
Che sol false ricchezze e ’mperi adora,
Andar sì lunge con la nobil’alma,
Che quel tutto era a lei negletta salma.
cix
E quanto al ciel poteva assimigliarse
Col giovare a’ mortai de’ ben ch’avea,
Tanto in vista parea beata farse
Questa del secol suo terrena dea;
E perchè nel mirare, a gli occhi apparse
Di Lancilotto allor, ch’ella devea
Regger d’Avarco il suo nativo regno,
Dimostrò di dolcezza aperto segno.
cx
Poi si vede lasciar dov’Arno bagna,
Dell’alma Etruria il più fiorito nido
La real Caterina e s’accompagna
Col grande Enrico al gallico suo lido;
Dal cui sommo valor non si scompagna
Virtù, senno, onestade ed amor fido,
Che la fanno al gran re pregiata e cara,
A tutto il mondo poi lodata e chiara.
cxi
E su ’l mar provenzale accor si vede
Dal gran suocero suo, dal pio consorte,
Come d’alta bontà suprema erede,
E degna al tutto di celeste sorte;
L’altera nobiltà, che ’ntorno assiede,
Par che ’n suo cor mirando si conforte
Di speranza immortal, che da lei scenda
Chi ’l gallico terren beato renda.
cxii
Et ella in vista alteramente umile
Secondo i merti lor ciascuno appaga;
Poi de’ verdi anni suoi passato aprile
Larga prole produce ornata e vaga,
Che del paterno onor l’antico stile,
Come intagliato avea la man presaga,
Immiteria cotal, che ’l grido fora
Dal vecchio Atlante al nido dell’Aurora.
cxiii
Lì si vedea, mentre ch’Enrico al Reno
Con l’armato suo stuol gran cose adopra,
Ella regger per lui di Gallia il freno,
Nè temere il furor, che a lei vien sopra;
Ma il Belgico crudel d’orgoglio pieno
Rispinge indietro dalla spietata opra,
E le pria per insidia avute spoglie
Per magnanima forza a lui ritoglie.
cxiv
Poi con la gran bontà, che sia commista
Con la dolcezza pia, che lega i cori,
De’ maggiori e minor gli animi acquista,
Sì che i privati e pubblici tesori
Di riversarle in sen nessun s’attrista,
Più che fa il buon de i trionfali allori;
Et ella adorna di benigno aspetto
Quanto può mostra loro il regio affetto.
cxv
Di tali onor de’ suoi rimira ornato
Il divin Lancilotto il forte scudo,
Con l’alma lieta e rende grazie al fato,
Chè di lunga memoria no ’l feo nudo;
E certo in core omai, che vendicato
Saria del chiaro amico il caso crudo,
Poi che si corca il sol nell’occidente,
Ov’è il suo Galealto andò dolente.