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cxxiii
     Ch’oltra i duci miglior, come sapete,
Son feriti i guerrieri in maggior parte;
Infiniti varcar l’onda di Lete,
Non bene accolti dal favor di Marte:
Or se di bene oprar mai foste in sete,
O se vi mosser mai lagrime sparte,
Siami concesso e senza farvi offesa,
Ch’a questo uopo maggior vada in difesa.
cxxiv
     Risponde Lancilotto: Già in me stesso
D’aiutar pure Arturo avea desire,
Per non vederlo al fin del tutto oppresso
All’ultima rovina pervenire;
Ma sento un tale spron giungersi ad esso
Dal pio vostro pregar che tutte l’ire
Che m’avvampino il sen per giusta via,
Il consiglio di voi spegner porria;
cxxv
     Ch’io non però di libico leone
Porto il cor dentro e di pietà rubello;
Ma, come il mondo sa, giusta cagione
Mi mosse al farmi a lui ritroso e fello;
Or ch’è ridotto a tal, nulla ragione
Mi può più mantener contrario a quello,
Send’ei qui, sendo re, sendo cristiano,
Et io l’unico erede del re Bano.
cxxvi
     Or senza altro più dir; come l’aurora
Spanda i suoi biondi crin nell’oriente,
Menar potrete alla battaglia fuora
Con la vostra miglior, la nostra gente;
E ’l mio corsier, che in ozio si dimora
Prender potrete, poi che più possente,
E più snello è del vostro e più leggiero
Da ritrarvi secur d’ogni sentiero.
cxxvii
     E di più vestirete l’armadura,
Che già più giorni sono in pace siede,
Ch’ha di molte altre assai tempra più dura,
Nè meglio in noi, che ’n voi, riposta assiede;
Io mi resterò qui, prendendo cura
Di quel, che ’l loco e la stagion richiede;
E mi fia a grado, ch’un sì largo onore
Venga in voi, caro a me più che ’l mio core.
cxxviii
     Non fu già mai più lieto Galealto,
E gli dice: Signor chiaro e gentile,
Al buon vostro voler cortese ed alto
Rendo grazie infinite in atto umile;
Ma perchè spaventati dall’assalto
Restan confusi i duci e ’l popol vile;
Mi par, ch’io debba andar, dove si trova
Lo sconsolato re con questa nuova.
cxxix
     Lancilotto risponde che gli aggrada:
Così il pietoso re con ratto passo,
Come chi in parte desiata vada,
Giunge ove Arturo sta dolente e lasso,
Che con Tristano e gli altri cerca strada
Per la salute lor di speme casso;
Ma sì tosto che scorge ivi apparire
Galealto tra’ suoi, comincia a dire:
cxxx
     Mandavi il cielo a noi per nostro bene,
O sacro re dell’Isole lontane,
Per fine imporne all’infinite pene,
E le speranze far degli altri vane?
E ’l sangue pio delle Britanne vene
Sparso sì largo già da sera a mane
Non ha tale omai sazio Lancilotto,
Ch’all’averne mercè si sia condotto?
cxxxi
     Disse allor Galealto: Io vengo a voi,
Famosissimo re, per dirvi come
Lancilotto ha commesse intere in noi
Di quanto ei può dispor le chiare some;
L’elmo, lo scudo e gli altri arnesi suoi
Vuol che mi preman gli omeri e le chiome,
E mi porti Nifonte il suo destriero,
Più d’ogni altro che sia, forte e leggiero:
cxxxii
     E che quanti ha guerrier giunti co’ miei
Vengan meco animosi alla battaglia,
Sì ch’io possa provare i buoni e i rei,
E Segurano altero quanto vaglia;
Chè no ’l sperando addur, qual’io vorrei,
Che per voi rivestisse e piastra e maglia,
Il pregai che ciò fesse e fu contento,
E spiegherem diman l’insegne al vento.
cxxxiii
     Lieto più ch’ancor mai l’alto Britanno
Risponde: Dunque voi chiamar devremo
Sommo ristorator del nostro danno,
E divin salvator del punto estremo;
Di voi sempre figliuoi s’appelleranno
Quei, che ’l spirto non han del corpo scemo;
Et io tra palme aurate e sacri allori
Vi darò contro a morte alti tesori.
cxxxiv
     Qui finito, ciascun che intorno udìa,
Con allegro sembiante il guarda e loda;
Già n’è il campo ripieno in ogni via,
Già par ch’ogni uom per la vittoria goda:
Torna il buon re con larga compagnia,
Ove il gran Lancilotto indi si snoda
Da tutti gli altri e ’n parte si riduce,
Ove in posa attendeo la nuova luce.