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xlviii
     I miglior cavalier, come v’è noto,
Già son tutti feriti, e ’l grande Arturo:
Lo stuol nemico di temenza vòto
Della vittoria omai si tien sicuro,
E già con quel furor che Libo e Noto
Suol Nettunno assalir nel verno oscuro
Con Brunoro e Clodin s’è innanzi mosso,
E minaccia passar del campo il fosso.
xlix
     Mentre parla così, correndo arriva
Tutto pien di sudor ivi Creuso,
E con voce lontan di forza priva
Va chiamando Tristan tutto confuso
E gli dice: Signor, per quella viva
Virtù, che ’n voi trapassa il mortal uso,
Non tardate al portar ratto soccorso
Al vostro campo in gran miseria scorso;
l
     Perchè già lo spietato Palamoro
Ha co’ levi destrier percosso al fianco
Le schiere di Gaven, sì che fra loro
Raro guerrier appar non morto o stanco:
Doppo il qual giunse ancor l’aspro Brunoro
Al destro lato e ’l fer Clodino al manco,
Ch’han di quei del re Lago uccisi e vinti
Molti, e dentro de’ fossi han gli altri spinti;
li
     Nel trapassar de’ quai, mischiati insieme
Infiniti v’entrar di quei d’Avarco:
E se non rinverdean la secca speme
Ne’ nostri, e difendean l’aperto varco
Uriano e Landon, già il nostro seme
Era e di vita e di buon nome scarco.
Pure i due, Talamoro e ’l Brun con essi
Gli han con somma virtù di fuor rimessi.
lii
     Ma non essendo quivi Maligante,
Florio Boorte e ’l cavalier Norgallo
Non pòn, come vorrien, spingere innante
Gli altrui guerrieri al combattuto vallo:
Chè la parte maggior trista e tremante
Fatt’ha contra i ricordi al core un callo,
E più tosto morir fuggendo elegge
Che seguir con onor chi lei corregge.
liii
     E per questo Gaven, che ’l danno vede,
Mi vi manda a pregar, chiaro Tristano,
Ch’al gran bisogno omai voltiate il piede
Senza altrove altro onor cercare invano:
Se non volete che la vostra sede
Sostegno sia di quei di Segurano,
La qual voi tutto solo ha per rifugio,
Pur che si toglia via tosto ogni indugio.
liv
     Quando l’ode così, Tristan si muove
Con quel proprio furor che ’l villanello
Ch’aggia, mentr’ara fuor, dogliose nuove
Che ’l foco ingombre del suo fien l’ostello:
Che i buoi ratto ha disciolti, e come dove
Va il misero spiando a questo e quello,
Nè per suo domandar raffrena il corso,
In fin che arrivi a’ suoi saldo soccorso.
lv
     Così fa il pio Tristan, che poi ch’accolta
Ha tutta insieme la famosa schiera
E rimessa a cavallo, il passo volta
Ove i suoi liberar del tutto spera.
E già trova in cammin la gente folta
Che di Clodin seguiva la bandiera,
Cui, senza cura aver, dona alle spalle
E nel mezzo di lor fa largo il calle.
lvi
     Non altrimenti appar che fiamma ardente
Che depredi al gran dì d’ampia foresta
L’altere chiome, il cui valor possente
D’Aquilone il soffiar sospinge e desta:
Che delle accese frondi alto si sente
Il crepitare in quella parte e ’n questa,
Ove con più furor veloce vada
Larga dietro di sè lasciando strada.
lvii
     E Terrigano il grande il primo intoppa,
Che senza lui temere ad altro intende,
E sì forte al destriero urta la groppa
Che col signore in terra si distende.
Indi senza arrestarse oltra galoppa,
E nel passar ch’ei fa sì forte offende
Galindo e Gracedono et Agrogero
Che spedito di lor truova il sentiero.
lviii
     Gli altri che son con lui l’istesso fanno,
Chè ciascun quanto può percuote e spinge.
Ma Lionello a piè fa maggior danno,
Che di rosso color l’arena tinge;
E tanti strali in un volando vanno
Che l’aer tenebroso se ne pinge:
Così già spaventato fa ritorno
Da’ fossi indietro di Clodino il corno;
lix
     E le fugaci genti di Gaveno,
Ch’odon già di Tristan gli alti romori,
Sotto il viso più lieto e più sereno
Di novello sperar s’empiono i cori.
Ogni uom d’alto desio raccende il seno
Di racquistare i suoi perduti onori,
E chi prima parea più vile e tardo
Or si mostra più ardito e più gagliardo.
lx
     E ’n contra a Marabon della Riviera,
Che con molti de’ suoi passò la porta
Confuso in un tra la britanna schiera,
L’arme che ’ndietro gìa dritta riporta;
E ’l suo duce Gaven con voce altera
Quel chiamando garrisce e quel conforta,
E spinge in guisa che in angusto calle
Face a’ nemici al fin volger le spalle:
lxi
     E fu ventura lor, che pria tornaro
Ove è Clodin co’ suoi fuor delle fosse
Che ’l buon Tristan col drappelletto chiaro
A quel loco vicin venuto fosse;
Chè ben comprato avrien col fine amaro
L’aver l’audaci mani ivi entro mosse.
Ma dove i lor compagni erano uniti
All’arrivar di lui son rifuggiti.