Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/162

vi
     Ma non fu tal che ne tenesse cura
Più che di spina suol salvatico orso;
E di vendetta far tosto procura,
A quanta forza avea lentando il morso,
Pur sopra il capo; e pensa alla cintura
Pervenga il brando, risegando il dorso:
E forse il suo sperar non era in vano
Se lo scudo trovava a lui lontano.
vii
     Ma l’armorico re, che l’ha previsto,
Il dorato leon levava in alto,
Il qual tutto impiagato appare e tristo,
Ben che sia quasi adamantino smalto:
Chè delle sette scorze ha fatto acquisto
Delle tre intere al dispietato assalto
Il ferro micidial, ma poi la quarta
Fa che ’l sommo poter da lui si parta;
viii
     E se ben non gli nocque, tanto grave
Fu il colpo che ’ntonato e stanco resta
Tutto il sinistro lato, e dolor n’ave:
Ma non è più che l’ira, che ’l molesta,
E ’l desio di vendetta, perchè pave
Che quella turba de’ nemici o questa
Ch’al soccorso suo vien gli faccia noia
Prima che l’un de i due s’arrenda o muoia.
ix
     E perchè a quei d’altrui non ha riparo,
A’ suoi che ’ntorno son chiamando grida:
Chi di voi fia, signor, di lode avaro
Sia de’ nostri compagni essempio e guida
A ritrar d’altrui forze il corpo chiaro
Là donde dipartìo l’anima fida
Del gran re Caradosso, e ch’al valore
Aggia degno fra’ suoi funebre onore.
x
     E vi prometto ben d’oprare in guisa
Ch’al vostro chiaro andar non vegna stroppio
La spada Iberna da pietà divisa,
Se ’l suo primo poter fosse anco doppio:
E se non m’è dal ciel la forza incisa,
In fin d’Avarco s’udirà lo scoppio
Dell’armorico ferro e de la mano
Sopra il suo primo duce Segurano.
xi
     Quando egli odon così, Luciano il Brutto,
Abondano il felice e Gargantino
E ’l gran Nestor di Gave e ’l drappel tutto
Che per sua sicurtà si fea vicino
Rivolge il passo dove il sangue asciutto
Non era ancor nel misero confino,
In cui giacean neglette e mal difese
Del valoroso re le membra stese;
xii
     E pensanlo indi trar senza contrasto.
Ma Drumeno e Margondo e ’l Ner Perduto,
Come lordi avvoltori al morto pasto
Che di lunge sentendo han pria veduto,
Al miser corpo polveroso e guasto
S’avventan ratti, e lor porgono aiuto
Matanasso e Rossan, che preso il piede
Già il cercan tòrre all’infelice sede:
xiii
     E tirato l’avrien securo in loco
Ove poi de’ nemici era trofeo,
Se la schiera britanna pur un poco
Ritardava il venir più che non fèo.
Ma come all’arid’esca corre il foco
Che ’l gelato pastor presso moveo,
Si gettò il Brutto Ardito, e ’n testa fere
Rossano, e sopra il morto il fa cadere,
xiv
     Ucciso no, nè molto anco impiagato,
Ma del colpo è stordito e tutto oppresso.
Viene il fido Abondan che gli era a lato
E per prendere il re s’aggiunge ad esso;
Ma da Margondo e ’l crudo Fortunato,
Ch’a soccorrer Rossan si trovan presso,
Gli fu percosso in un la mano e ’l braccio,
E posto a’ suoi desir soverchio impaccio:
xv
     Sì che ’n dietro dolente si raccoglie,
E quei due della preda aveano il regno,
Se Gossemante dell’amiche spoglie
L’uno e l’altro di lor non facea indegno;
Che con due colpi sol le forze toglie
Ad ambo, e fa lassare il regio pegno:
Chè ’l destro omero a questo, a quel la testa
Impedito e ’ntonata in tutto resta.
xvi
     Nè fuggir lassa il tempo Gargantino,
Che nel braccio del re la mano stende
E seco il tragge, ma crudel vicino
Gli si fa Matanasso, che l’offende
Nell’elmo, tal che ’l pose a capo chino
Come chi l’alma all’altra vita rende.
E così sovra il re la maggior parte
Di quei chiari guerrier distesa ha Marte,
xvii
     Chi d’ogni senso e chi di forza privo;
E se ben d’essi alcun morto non sia,
Nessun però nel riguardar più vivo
Del morto Caradosso ivi apparia.
Nestor di Gave, di se stesso schivo
D’esser senza l’amica compagnia
Restato in piede, al caro Blomberisse
Sol rimaso con lui doglioso disse:
xviii
     Or di doppia cagion doppia vendetta,
De i compagni e del re sopra le spalle
N’ha il ciel locato, e l’un de i due n’aspetta,
Palma o cipresso, al periglioso calle.
Tegniam pur fermo il cor, la spada stretta,
E facciam sì che questa chiusa valle
O vincendo o morendo aperto mostre
Che sien degne di noi l’opere nostre.
xix
     E ’n tai parole insieme si ristringe
La coppia ardita de i german di Gave;
Poi sè medesma confortando spinge
Ove il gran Matanasso in nulla pave,
Nè d’attender i due soletto infinge,
Chè men gli era il morir che l’onta grave.
Ma pria ch’a i danni suoi fosser venuti
L’ha provveduto il ciel di nuovi aiuti;