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li
     Or aperto apparisce il grande Iberno,
Or tra i molti guerrier si vede ascoso,
Qual la luna talor nel freddo verno
Quando il ciel levemente è nubiloso:
Ch’or si mostra, or si copre a danno e scherno
Del lasso viator, ch’ebbe il riposo
Più tardo al disegnare e più lontano,
E la pigrizia sua condanna in vano.
lii
     Tal egli or tra gli estremi, or tra i primieri
Doppo alquanto guardar surto riesce
Quai rapaci delfin vaghi e leggieri
Caccian sott’acqua e sopra il minor pesce.
Ma il saggio Maligante a i suoi guerrieri
Le minaccie e i conforti andando mesce:
Ricordatevi pur che ’l fuggir nostro
Ier di noi insanguinò dell’Euro il chiostro;
liii
     Ma se vorrete ancor, come altre volte,
Oggi, fermando il piede, oprar la mano,
Vedrete di timor le menti avvolte
Al rio popol d’Avarco e Segurano;
E le lor glorie vane in danno volte
E ricercar le mura a mano a mano:
E se in noi fien d’onor le voglie accese
Poco spazio del dì saran difese.
liv
     Or seguitemi dunque, e non v’inganni
Lo sperar di fuggir, ch’oggi è fallace,
Ma ben di ricovrar gli avuti danni
E riportar da i buon lode verace:
Non siam cervi però di giovin anni,
E non è Seguran tigra rapace.
Noi siamo uomini pure, ed egli è uomo,
Dall’arme e dal sudor tal volta domo.
lv
     Con tai detti il buon duce innanzi sprona
In drappel de’ miglior ristretto in uno,
E vien dove il gridar più in alto suona
Dell’urtare e ferir del crudo Bruno;
All’apparir del quale ogni persona
Ben che vil si fa audace, onde ciascuno
Seguendo Maligante addrizza il corso
Inverso Seguran quai cani all’orso:
lvi
     Che de i buon cacciator mossi a i conforti,
Posto in bando il timor, gli vanno intorno,
E cercando cammini ascosi e storti
Cingon latrando il chiuso suo soggiorno;
Ma poi che molti n’ha impiagati e morti
Rifuggon gli altri con dannoso scorno,
E tal di lui gli assal nuova temenza
Ch’all’altrui più invitar non dan credenza.
lvii
     Simil fanno i guerrier di quel di Gorre
Che rivolser la fronte a Segurano,
Che da poi che più d’un per terra porre
Videro, e ’l lor poter contr’esso vano,
Alcun non è che più si voglia opporre
Con sì gran rischio alla feroce mano:
E come l’arme lor fosser di vetro
Spaventati di lui fuggono indietro.
lviii
     Et egli in voce allora alta e superba
Diceva: Or dove son quei cavalieri
Ch’al tenebroso ciel di così acerba
Voglia si dimostraro e così feri
In riversar vilmente sopra l’erba
Il sangue addormentato de i guerrieri?
Or contro a gli svegliati e al chiaro sole
Temon, non che l’oprar, l’altrui parole.
lix
     E con questo parlare uccide Alfeo,
Che volea per fuggir volger le spalle;
Ma troppo tardi per suo scampo il feo,
Che soverchio ha con lui ristretto il calle:
Tal ch’ove è la memoria il colpo reo
Disceso, il pose all’arenosa valle,
E l’esser nato in Vetta non gli valse,
Nè il sì largo imperar quell’onde salse.
lx
     Indi uccise Girfolco a lui vicino
E nel loco medesmo con lui nato,
Ma di sangue minor, che ’l padre Antino
Fu in Vetta rapacissimo pirato:
E i furati tesor d’altrui confino
Non poter del figliuol cangiare il fato.
Chè tra ’l primo del collo e ’l second’osso
Fu dal brando crudel di capo scosso.
lxi
     Truova oltra andando Astaraco ed Echio
Che del re Maligante eran parenti,
Figliuoi d’Ivante, e l’uno e l’altro gìo
Di quei compagno che la morte ha spenti:
Perch’al primier la testa dipartìo
Infin nel cerchio che contiene i denti;
Passa all’altro la milza d’una punta,
Ove al dorso allegata è più congiunta.
lxii
     Il buon duce di Gorre, che ciò vede,
E che ’l suo confortar niente vale,
A vergogna si tien volgere il piede
E lo innanzi seguir sente mortale;
Manda a Boorte, e con prestezza chiede
Saldo rimedio al disperato male.
Corre Abondano, e ’l truova al destro lato
Tra i nemici guerrier forte intricato;
lxiii
     Che co’ levi cavai di Palamoro,
Che temea di Boorte, era venuto
Con più gravi corsieri il re Brunoro,
Il qual fu per allor soverchio aiuto:
Però che in sì grand’urto entra fra loro
Che ’l numero miglior resta abbattuto,
E chi dimorò in piè l’istesso pave,
Fuor solamente il buon guerrier di Gave;
lxiv
     Il qual l’altrui spavento risostiene,
E che non fugga alcun minaccia e prega.
Indi contr’a Brunoro ardito viene
Ove i compagni suoi più batte e piega.
Il leon truova ch’al suo scudo tiene,
Che in argentata sede ardito spiega
La divorante bocca e ’l crudo artiglio,
Vestito di color fosco e vermiglio;