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     Qui pon fine al suo dire; e ’l pio Boorte
Pien di dolore il sen tacito resta:
Altresì Maligante, a cui la sorte
Del suo misero stuol troppo è molesta,
Poi che non trova più che ’l riconforte
La speme ch’apparia vicina e presta
D’aver Clodasso in mano e la sua terra,
Se ’l fero Lancilotto usciva in guerra.
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     Pur, chiaro quanto può fingendo il viso,
Doppo alquanto pensar dicea: Signore,
Quel supremo Motor ch’oggi diviso
Tien da i nostri desiri il vostro core
Con sì gran duol, con altrettanto riso
Ne porria ricongiungere in poc’ore,
E se pur non farà, per altra via,
Quel ch’esser dee di noi farà che sia.
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     Al qual, per quello amor ch’io già portai
Al vostro alto valor, devoto chieggio
Che voi tenga lontan da simil guai
In cui, vostra mercè, noi cinti veggio;
Vostra mercè dirò, se i tristi lai
Di quei ch’oggi il morir temono, e peggio,
Tanto pon muover voi col suo cordoglio
Quanto puote Aquilone orrido scoglio.
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     Così detto, soletti fan ritorno
I due, ch’ivi rimase il vecchio antico:
A cui già molti servi erano intorno
A sgravarlo dell’arme in atto amico.
Poi ’l dolce letticciuol gli fanno adorno,
Secondo il picciol loco, in sito aprico
Ov’ei vegna a posar le membra stanche
Fin che ’l notturno vel l’aurora imbianche.
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     I tristi cavalier dall’altra parte
Con la risposta lor ratti inviati,
Dalle genti in cammin, ch’erano sparte
Son con sommo desire accompagnati.
Hanno speranza tutti, e temon parte,
Come il più spesso fan gli sconsolati:
Ma nessun di spiar baldanza prende
Se il lor gran re primiero non l’intende.
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     Giungon poscia all’albergo dove Arturo
Tra molti cavalier bramando siede,
Il qual del suo pensar poco securo
Comincia a domandar, come gli vede:
Resta ancor Lancilotto acerbo e duro,
O pur dal vostro dir piegato cede,
Dispogliando al suo cor l’ira e lo sdegno,
Dell’antica ragion tornare al segno?
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     Cotal domanda, e ’l saggio Maligante
Risponde: Re famoso, Lancilotto
Col pio nostro pregar non più che innante
Nel soccorso de i nostri avemo indotto:
Nè i chiari don nè le promesse tante
Del suo sdegno il cammino hanno interrotto,
Ma più l’han fatto assai largo ed aperto,
E di sempre esser tale afferma certo.
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     E ’l medesmo ch’io dico anco Boorte,
Che ’l riprese e ’l biasmò, narrar porria;
Lambego no, chè chiuse gli ha le porte
E di qui ritornar tronca la via,
Irato contr’a lui che l’altrui sorte
Seguiva, e non la sua, come solìa,
Mentre il buon vecchio uman piangea di doglia
No ’l potendo ritrar dall’empia voglia.
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     Qui finio Maligante, e ’l re famoso,
E quanti altri ha con lui muti restaro:
Chi del comune onor resta pensoso,
Chi temea di se stesso il fine amaro.
Ma il nobile Tristan non tenne ascoso
L’armorico valore invitto e chiaro,
E dicea: Sacro re, poi che da voi
Non manca d’acquetar gli sdegni suoi,
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     Nè vi puote accusare il vostro stuolo
Che troppo a danno suo foste ostinato,
Non prendete di ciò soverchio duolo,
Chè forse miglior via troverrà il fato,
E ’l soverchio pregar talora il volo
Cresce al furor d’un cavaliero irato:
Ma serrato in se stesso, a poco a poco
Torna in cenere al fine ogni aspro foco.
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     E non temete in van che di lui privi
Noi deviam de i nemici essere in mano,
Nè per ciò di vittoria al colmo arrivi
Il superbo Clodino e Segurano,
Mentre tanti altri duci integri e vivi
Sono ancor vosco; e mentre che Tristano
Può la spada vibrar, regger lo scudo,
Non vogliate di speme essere ignudo.
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     Nè il ricevuto danno dia credenza
Che non sia il vostro esercito quel ch’era
Nè che i nostri avversari altra eccellenza
Aggian, nè più che pria nell’arme fera.
Tengasi pure in bando la temenza
E l’arme al guerreggiar si serve intera,
Con richiesto riguardo e dentro e fuore,
Ch’ei non n’avvegna mai per nostro errore.
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     Ristori pur ciascun le membra omai
E di cibo e di vin, ch’al sonno appresso
Possiamo in guardia dar gli avuti guai
E ’l vigor rinforzar frale e dimesso:
A fin che pria che ’l sol raccenda i rai
Sia nell’ordine suo ciascun rimesso
Per difender noi stessi o premer quelli,
Se pur l’occasion mostre i capelli.
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     Così detto, all’albergo ha mosso il piede;
E gli altri duci ancor l’istesso fanno,
E di Meliadusse il grande erede
Sovra ogni altro guerrier lodando vanno.
L’altro popol minor, che sente e vede
Il suo volto e ’l parlar, l’avuto danno
Pensa già ricovrar, sì chiara luce,
Di speranza ne i cor Tristano adduce.