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liii
M’han tutti consigliato insieme uniti
Ch’io non debba affermar pace sì bassa
Nè per parte sì vil d’angusti liti
Un regno abbandonar ch’ogni altro passa:
Tal che ne converrà l’antiche liti
Con la spada inalzata e l’asta bassa
Giudicar in fra noi, sì come fia
Il voler di lassù ch’a ciò ne ’nvia.
liv
Ma per render a i morti sepoltura
Ben la tregua farem del nono giorno,
Perchè non sol di noi, ma dritta cura
È di chi tutti i cieli avvolge intorno.
Or secur d’essa nelle patrie mura,
Com’è ’l vostro piacer, fate ritorno,
Riportando a Clodasso e Segurano
Come il prometter mio non fu mai vano.
lv
Così detto, comanda ch’ambeduoi
Aggiano un don di ricca vesta aurata.
Giunti con tale onore a i signor suoi,
Poi che finita fu l’alta ambasciata
Diceano: Schiera di famosi eroi
Vedemmo che dal ciel parea mandata
Per riformar quaggiù la dritta legge,
Simile al gran Motor che lassù regge.
lvi
Lì coronata di stellanti luci
Cintia opposta al fratel pareva Arturo,
Ove ’l chiaro splendor di tanti duci
Quasi appresso di quel si mostra oscuro.
Gravi, dolci, ridenti avea le luci,
Il parlar riposato, accorto e puro
D’un’alterezza umìl sì ben commisto
Che d’ogni duro cor farebbe acquisto.
lvii
Benchè il sommo lodar del saggio Idèo
E del compagno suo mostrasse il vero,
Pur d’invidiosa doglia riempieo
Di Clodasso ch’udìa l’animo fero;
Ma con caro sembiante l’ascondeo,
Dicendo: Esser non dee ch’un tanto impero
Così antico e sì nobil non insegni
Di sì gran Maiestà costumi degni.
lviii
Or già fatta gridar per ogni parte
In solenne romor la nuova tregua,
Il timore e ’l furor dell’impio Marte
D’ogni cor posto in bando si dilegua:
Ma si ripon nel loco onde si parte
Scuro dolor che l’uno e l’altro adegua,
Alto lamento, pianto e disconforto
Del popol che giacea tra ’l sangue morto.
lix
Escon tosto d’Avarco in lunghe schiere
Le femminelle afflitte e i vecchi lassi,
E dove spenti pensan rivedere
Gli smarriti figliuoi volgono i passi;
E con più leve andar le pie mogliere
Cercan gli sposi lor di vita cassi:
Ma la parte maggior nel sangue avvolta
Ha l’imagin primiera in altra volta.
lx
Lì con tremante man le miserelle
I corpi ad un ad un van rivolgendo,
Ove nemiche fronti a lor rubelle
Truovan sovente, e con timore orrendo
Rivolgon gli occhi alle più crude stelle
Contr’a gli spirti suoi preghi porgendo:
Poi le piaghe ch’avean rendon più fresche
Perchè vengano a i can più gradite esche.
lxi
Ma di quei che de i lor per certi segni
Posson ben affermar, le gelid’onde
Della polve e del sangue a i volti pregni
Con mesto essaminar ciascuna infonde:
Nè ritrovandol poi, gli accesi sdegni
Crescon contra il destin che gli nasconde,
E spesso avvien che in dolorose angosce
Mentre ricerca il suo l’altrui conosce,
lxii
E con note d’amor quell’altra chiama,
E per trarlo di là le porge aita.
Indi torna a cercar quel ch’ella brama
Con la dolce compagna insieme unita,
In fin ch’anch’essa miserella e grama
Della sua inchiesta pia resti compita;
E ’n sì fatto cercar quanto sia il giorno
Triste voci e sospir s’odono intorno.
lxiii
Nè dell’oste d’Arturo i cavalieri,
I duci tutti e i re con men pietade
Cercan di riconoscer quei guerrieri
Ch’han di sangue o valor più degnitade
Che sian morti rimasi su ’l sentieri
Cinti d’onor tra l’avversarie spade:
Ma senza lagrimar, con quel dolore
Che pon virtù nel generoso amore.
lxiv
Quei di prezzo maggior fanno in disparte
Con l’insegne portare e con gli arnesi
E co i trofei ch’avean del fero Marte
Acquistati lontano o ’n quei paesi;
Poi da’ servi o cugini a parte a parte
Erano in un condotti e in alto appesi
Là dove in sacro loco e ’n somma cura
Surgea per loro altera sepoltura,
lxv
Pur di semplice sasso, che durasse
Contr’al tempo vorace qualche giorno
In fin che doppo alquanto ritrovasse
Dentro al patrio terren loco più adorno
Perchè l’alta memoria non restasse
In altrui nido al peregrino scorno,
Ma tra i suoi dimorando, un dolce sprone
Fosse lor di virtù lunga stagione.
lxvi
Fecesi poi vicin profonda fossa
Che larghissimo spazio in giro avea,
Ove condotte fur l’infinite ossa
Che di vita spogliò la sorte rea
De i privati guerrier, ch’ardire e possa
Più che senno o splendor chiari facea,
Che ricoperti al fin di sacra terra
Fur memoria immortal dell’aspra guerra: