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2. Un teenager su un milione     41


Danny O’Brien, il giornalista che già abbiamo citato, e che allora lavorava al Sunday Times, è un po’ la memoria storica di questo periodo. Si è trovato, in innumerevoli occasioni, a descrivere questo “epico incontro” tra il creatore del world wide web e Aaron.

O’Brien ricorda, innanzitutto, lo stile delle frasi di Aaron scritte online nelle chat e nelle liste, il suo modo di argomentare chiaro e preciso in tutti quei gruppi dove si lavorava insieme a uno standard per la rete e, quindi, servivano apporti immediati e concreti.

A ciò si aggiungevano una conoscenza e competenza tecnica notevoli, unite a una non comune capacità di scambiare, e mettere in circolo, le idee e di trovare la risposta giusta in ogni occasione.

Non sembrava, ricorda il giornalista, una persona che lavorasse nell’ambiente – un professionista in senso stretto –, ma era una persona che parlava tanto, che dialogava con altri, che prendeva parte a una costante, ininterrotta conversazione cui si applicava con grande dedizione.

Di certo, il lavorare con uno studioso del calibro di Berners-Lee ebbe, per la crescita e formazione di Aaron, un’importanza fondamentale: lo convinse, ancora di più, che tutto è connesso tramite hyperlinks e che ogni frammento di informazione deve, in qualche modo, essere collegato.

Il web avrebbe dovuto insegnare all’umanità proprio questo, e l’umanità avrebbe dovuto lavorare, tutta insieme, per raggiungere un simile obiettivo. Di qui, la necessità di elaborare degli standard, dei linguaggi comuni e dei metodi di classificazione delle informazioni semplici da usare.

Uno dei motivi per cui Aaron non si trovava bene a scuola riguardava proprio il fatto che i docenti gli volessero insegnare cose separate: tante materie “verticali”, con un approccio che costringeva gli studenti a lavorare da soli.

Lui non voleva lavorare da solo. Era convinto che la liberazione assoluta della creatività dell’essere umano potesse avvenire solo quando le idee di una persona s’incontrano con quelle delle altre, per crearne di nuove. E, poi, si diffondono tutte insieme.

Essere generosi, per Aaron, significava condividere idee, soprattutto idee che potevano cambiare la vita delle persone, e far sì che il sapere di uno potesse diventare il sapere di milioni.

La tecnologia su cui Aaron si era trovato a lavorare avrebbe permesso proprio quello: condividere le idee e trovare risposte che nessuno avrebbe potuto trovare da solo ma, anche, ascoltare e capire gli altri entrando a far parte di qualcosa molto più grande di noi. Il web.

Il ruolo di celebrità di Tim-Berners Lee è arrivato intatto sino a oggi. Tutti compresero, oltre trent’anni orsono, che quando il primo sito web andò online si era all’inizio di una delle più grandi invenzioni della storia. E la scelta nobile che, ai tempi, fece Berners-Lee, ossia di non arricchirsi con la sua invenzione