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1. Un bambino e un computer      27


tirò mai più. Vi conosco tutti. «Dannato ragazzino. Sta di nuovo attaccato alla linea telefonica. Sono tutti uguali». Ci puoi scommettere che siamo tutti uguali. Siamo stati nutriti, a scuola, con cibo per bambini quando volevamo mangiare una bistecca; i pezzi di carne che ci avete dato erano già masticati, e senza gusto; siamo stati dominati da sadici, ignoranti e indifferenti. I pochi che avevano qualcosa da insegnarci, ci hanno, poi, riconosciuti come allievi volenterosi. Ma erano gocce d’acqua in un deserto.

The Mentor, proprio come il giovane Aaron, vede Internet, e il mondo elettronico, come un vero e proprio universo dove trovare riparo dalle insoddisfazioni percepite nella vita “fisica”. Un luogo dove vivere perché lì si è capiti, non si è giudicati e si è, in un certo senso, al sicuro grazie alle proprie competenze e al riconoscimento del valore da parte dei propri pari.

Aaron lo dichiarerà in innumerevoli occasioni: per lui, a quella età, Internet fu subito il luogo dove “stava bene” e, anzi, dove si stava meglio.

Tutti i problemi che doveva affrontare nella vita quotidiana, una volta online scomparivano.

In rete era apprezzato e poteva contribuire allo sviluppo dell’umanità, a “riparare parti di mondo” e a fare cose che percepiva come realmente utili. Senza sprecare un solo minuto del suo tempo.

La parte finale del Manifesto di The Mentor, probabilmente la più interessante, apre un nuovo fronte di riflessione che diventerà, nella vita di Aaron, centrale: è dedicata, infatti, alla natura della rete e dei suoi contenuti, alla libertà che ci dovrebbe essere, allo strapotere delle società commerciali ma, anche, alla costante lotta contro le discriminazioni, contro la chiusura delle opere dell’ingegno, contro l’ulteriore emarginazione dei deboli e dei poveri.

A Internet, in sintesi, come strumento per la rivoluzione sociale. E all’idea della figura dell’hacker come sub-cultura di opposizione.

Questo è il nostro mondo, ora – conclude The Mentor – Il mondo degli elettroni e degli switch, la bellezza del baud. Noi usiamo un servizio che già esiste, senza pagare per quello che dovrebbe essere poco costoso o gratuito se non fosse gestito da persone che pensano solo al profitto, da approfittatori ingordi, e ci chiamano criminali. Noi esploriamo... e ci chiamate criminali. Noi esistiamo senza discriminazioni per alcun colore della pelle, senza far caso alla nazionalità, senza credenze religiose, e ci chiamate criminali. Voi costruite bombe atomiche, voi finanziate guerre, uccidete, ingannate e ci mentite, e cercate di farci credere che è per il nostro bene, e noi siamo i criminali. Sì, sono un criminale. Il mio crimine è quello della curiosità. Il mio crimine è quello di giudicare le persone per ciò che dicono e pensano, e non per come appaiono. Il mio crimine è quello di essere più intelligente di te: una cosa, questa, che non mi perdonerai mai. Io sono un hacker, e questo è il mio manifesto. Puoi fermare tutto questo combattendoci a uno a uno, ma non puoi fermarci tutti. Del resto, siamo tutti uguali.