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18. Il suicidio e le polemiche     177

che gli siamo stati vicini accettare il fatto che forse se avessimo fatto di più, forse se avessimo fatto di più, tutto questo non gli sarebbe sembrato così cupo, e forse avremmo fermato questo processo. Quattro giorni prima che Aaron morisse, ho ricevuto un’e-mail da JSTOR, da parte del presidente di JSTOR, che annunciava il fatto che JSTOR avrebbe rilasciato tutti questi articoli di riviste a chiunque in tutto il mondo volesse accedervi, esattamente ciò per cui Aaron si stava battendo. Non ho avuto il tempo di inviarlo ad Aaron, ero in viaggio. Ma non vedevo l’ora di rivederlo – l’avevo visto solo la settimana prima – e di festeggiare per quello che era successo. Quindi, tutti noi pensiamo che ci sono mille cose che avremmo potuto fare, mille cose che avremmo potuto fare, e dobbiamo fare, perché Aaron Swartz è ora un’icona, un ideale. È per lui che lotteremo, tutti noi, per il resto della nostra vita.

L’intervista si conclude discutendo di un punto delicatissimo, ed estremamente scivoloso: lo stato di salute, e mentale, di Aaron.

La giornalista ricorda, in primis, un post sul blog di Aaron, apparso il 27 novembre 2007, nel quale parlava di depressione e di tristezza.

Sicuramente – scriveva Aaron in questo post – ci sono stati momenti in cui siete stati tristi. Forse una persona cara vi ha abbandonato o un piano è andato terribilmente storto. Il vostro viso è affranto. Forse piangete. Vi sentite inutili. Vi chiedete se valga la pena andare avanti. Tutto ciò a cui pensate sembra desolante: le cose che avete fatto, quelle che sperate di fare, le persone che vi circondano. Si vuole solo stare a letto e tenere le luci spente. L’umore depresso è così, solo che non arriva per nessuna ragione e non se ne va per nessuna.
Sì – conferma Lessig – Aaron era depresso. Stava perdendo tutto, perché il suo governo stava esagerando nel modo più ridicolo possibile per perseguitarlo, non solo per questo, ma anche per ciò che aveva fatto in precedenza, liberando documenti governativi che dovevano essere di dominio pubblico. Naturalmente era depresso. Non era depresso perché non aveva genitori affettuosi – aveva genitori affettuosi che facevano tutto il possibile per lui – o perché non aveva amici affettuosi. Ogni volta che incontravo Aaron, era circondato da cinque o dieci persone diverse che lo amavano, lo rispettavano e lavoravano con lui. Era depresso perché si rendeva sempre più conto che l’idealismo che aveva portato in questa lotta forse non era sufficiente. Quando ha visto che tutte le sue ricchezze erano sparite e ha capito che i suoi genitori avrebbero dovuto ipotecare la casa per permettergli di avere un avvocato, per combattere un governo che lo trattava come se fosse un terrorista dell’11 settembre, come se quello che stava facendo fosse una minaccia per le infrastrutture critiche degli Stati Uniti, quando ha visto questo e ha capito quanto sarebbe stato incredibilmente difficile combattere, ovviamente era depresso. Ora, sapete, non sono uno psichiatra. Non so se ci fosse qualcosa di sbagliato in lui, ma non ho pazienza per le persone che vogliono dire: «Oh, questa era solo una persona pazza; questa era solo una persona con un problema psicologico che si è uccisa». No. Si tratta di qualcuno che è stato spinto al limite da quello che io considero una sorta di bullismo da parte del nostro governo. Una prepotenza da parte del nostro governo. E così come riteniamo le persone responsabili quando