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16. Il controverso ruolo del MIT     147


Nel gennaio del 2013, il presidente del MIT, L. Rafael Reif, domandò al professor Hal Abelson di condurre un’analisi approfondita circa il coinvolgimento complessivo del MIT nella vicenda Swartz.

Sei mesi dopo, il 26 luglio 2013, il professor Abelson e il suo team presentarono il loro rapporto al Presidente Reif e ne condivisero il testo con la comunità accademica e con il mondo intero.

Si tratta di un documento importantissimo, che è da (ri)leggere con attenzione per due motivi.

Il primo è che il rapporto è estremamente curato nel ricostruire, con precisione e nel dettaglio, la vicenda anche, e soprattutto, nella fase in cui si è svolta dentro i locali del campus. Nelle pagine precedenti – e anche in quelle che seguiranno – abbiamo ricostruito gli accadimenti prendendo a piene mani da questo rapporto e confrontando la descrizione degli eventi con gli atti processuali.

Il secondo motivo è che il rapporto cerca di chiarire la posizione scomoda che si era originata per il MIT.

Il campus più tecnologico, più hacker, più innovativo, più votato alla condivisione di software e contenuti, più free, più naïf, più open e più goliardico del mondo – che faceva della creatività e dell’oltrepassare le barriere il suo credo – si ritrovava improvvisamente a dover giustificare la pesantissima persecuzione giudiziaria di un suo studioso e membro della comunità e, soprattutto, la cooperazione con l’autorità, le procure e l’amministrazione della giustizia per contribuire a incarcerarlo.

Nonostante il rapporto abbia cercato di analizzare in maniera obiettiva il ruolo e le azioni dei vertici del campus durante il procedimento, e abbia insistito su una posizione neutra dell’ateneo – né contro, né a favore di Swartz –, ciò che si deduce tra le righe è che vi fu, comunque, un’accurata collaborazione nella raccolta delle fonti di prova e la consegna in tempo reale di tutti gli elementi a carico di Aaron – da parte della polizia del campus – ai detective locali e agli agenti federali.

La cosa incredibile – e forse prevedibile da parte del MIT – fu questa escalation – per un fatto avvenuto all’interno del campus – che vide un passaggio di competenze dalla polizia interna, a un detective di Cambridge, sino all’autorità federale e a una task force pensata per investigare su gravi, e veri, crimini informatici.

Il report, pertanto, si propone, tramite un resoconto operato da un gruppo di revisori dei fatti, di fornire una descrizione indipendente degli eventi accaduti e delle decisioni prese mentre gli eventi si svolgevano.

Il lettore noterà, all’interno delle decine di pagine del rapporto, come i termini indipendenza e neutralità – o posizione neutra – del MIT saranno quelli più utilizzati, forse anche in una sorta di excusatio non petita. La vicenda aveva, infatti, coinvolto la natura stessa dell’università, i suoi principi e la sua reputazione.