I bianchi fior che il giovanetto Adone
tinse di sangue, e le fanciulle greche
ridenti al sole givano cogliendo
su Ciprigna a profonder le corone.
O bellissime vergini! le bieche
parche, al mirarvi, trattenean l’orrendo
ferro, pronto a recidere lo stame,
e d’Afrodite pel vasto reame
correva un ineffabile clamore
fatto di risa, fatto di canzoni,
voci improvvise d’improvvise brame,
flutti di quell’oceano d’amore,
e fra i roseti andavano i garzoni
voi rintracciando, e il sol benedicea.
Fumavan l’are sacre a Citerea,
e su quel mar di vergini e di rose
fissava immota i grandi occhi pagani
bianca tra i fior l’effigie della Dea.
Più non fumano adesso le corrose
are, e polvere son le bianche mani
ch’arder facean la vita ed il piacere...