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III.

IL CANTO DELL’ODIO.


 
Fugge al mar nelle fredde ombre del vespero
una fanciulla dalle guance smorte.
Non ha negli smarriti occhi più lagrime
ma il gran proponimento della morte.

Laggiù, tra lieti amici, allettan facili
trionfi e vani amori un freddo core
obblioso; laggiù di plausi echeggiano
le affollate per lui stanze sonore.

Dagli abissi, improvviso, assorge un demone
e passa nella notte alto gridando:
— Possa tu come un disperato piangere,
quella morta fanciulla indarno amando. —