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figura, la quale comprende tutte le figure. Pertanto lo fece in forma di sfera, che dal centro dispandesi ugualmente agli estremi, ritondo, cioè a dire lo fece della figura più simile a sè stessa e più perfetta di tutte l’altre, giudicando il simile più bello infinite volte del dissimile. Di fuori lo fe’ per molte ragioni pulitissimo. Per modo d’esempio, il mondo non avea bisogno di occhi, poichè non c’era rimasta fuori alcuna cosa visibile; non d’orecchie, poichè non c’era rimasta fuori più alcuna cosa da udire; e nemmeno, non essendoci più aria, aveva bisogno di respirazione. Similmente, non gli bisognava alcun organo per ricevere il cibo e, dopo averlo patito, mandarne via il soperchio, perciocchè nè esso perde giammai cosa, nè se gli aggiugne cosa di dove che sia, non essendoci nulla fuori; e fu così generato dall’arte, ch’egli trae il nutrimento dalla sua stessa corruzione, e fa e patisce in sè e di per sè tutto, avendo pensato il formatore che il mondo sarebbe migliore bastando a sè stesso, anzichè avendo bisogno d’altri. Neppure credette che fosse bene appiccargli inutilmente mani, di cui non avea uopo ne per pigliare nè per respingere cosa alcuna; e neppure piedi, o che altro per servigio del camminare, avendo assegnato a lui un movimento proprio al suo corpo, cioè fra i sette quello che si conviene più alla intelligenza e alla mente. Di fatto lo mena intorno in una stessa maniera, in uno stesso spazio, in lui stesso, e lo fa volgere in cerchio, francandolo di tutte l’altre sei spezie di moti e dei loro vagamenti