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egli vagheggiò un esemplare eterno; laddove no, cosa pure nefanda ad uomo di profferire, uno generato. Ma è chiaro a tutti, che esemplare eterno, perchè questo mondo è la cosa più bella di tutte le cose generate, e il più buona di tutte le cause. Ed essendo generato così, fu fatto secondo un esemplare dalla ragione e dall’intelligenza, e ch’è sempre il medesimo. Dalle cose dette s’inferisce’ per necessità che questo mondo è il simulacro d’alcuno.

Noi dovendo parlare del simulacro, importando assai in tutte le trattazioni che si cominci in modo conveniente alla natura del soggetto, noi vogliamo distinguere dapprima, e netto, coteste due manie di discorrere, cioè quella che si confà al simulacro e quella che si confà all’esemplare giacchè dee ognuno avvertire che i discorsi hanno parentela con cui le cose di cui sono gl’interpreti. I discorsi, dunque che trattano di cosa stabile, ferma, che si manifesta all’intelletto, è ancora necessario che siano fermi immutabili e, per quanto vien fatto inespugnabili e immobili. Quei che trattano di cosa, ch’è immagine e simulacro di quella prima, basta soltanto che siano verosimili, e che al primo genere di discolpa corrispondano; poichè ciò ch’è l’essere in rispetto alla generazione, è la verità in rispetto alla fede. Non meravigliarti dunque, caro mio Socrate, se dopo che s’è parlato tanto e da tanti sopra gl’Iddii e la generamene dell’universo, non poss’io offerirti ragionamenti esquisiti, che in ogni parte concordino;