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tura degli nomini. Io, appresso, prendendo da lui gli uomini creati col discorso suo, e da te quelli che tu educasti così bene; io, tenendomi atta legge e all’ istoria di Solone, menerò questi innanzi a noi, come se fossimo noi giudici, per fargli cittadini di codesta repubblica, stante ch’ ei sono quegli stessi Ateniesi che i libri sacri di Egitto ci fecero aperti d’essere svaniti dalla terra; e così per ragionar poi di loro come di veri Ateniesi e cittadini nostri Socrate. Io veggo che voi mi volete ricambiare con un compito e splendido banchetto. Dunque come pare spetta dire a te, o Timeo, dopoché avrai invocati gl’ Iddii, com’ è onesta usanza.

Timeo. Ma, Socrate, tutti, pure quei che son poco savii, chiamano Dio sempre sul mettersi a ogni faccenda piccola o grande; e a noi che dobbiamo ragion pare dell’universo, se è generato ovvero se non è generato, se non siamo al tutto fuori di senno, conviene molto più pregare gl’ Iddii e le Dee che ci facciano parlare in modo, da piacere prima in ispezialità a loro, e poi anche a noi. E già ho pregati gl’ Iddii. Quant' è a noi, bisogna che ci preghiamo scambievolmente, perchè voi m’ intendiate con moltissimi faciltà, ed io renda con moltissima chiarezza il concetto mio sopra l’argomento proposto.

Bisogna, a mio avviso; distinguete dapprima queste due cose; che è quello ch’ è sempre, e non ha generazione; e che è quello che si genera sempre, e non è giammai. L’uno è ciò ch’ è comprensibile dall’ intelligenza e dalla ragione, imperroccehè è sempre il medesimo; l’altro, per contrario, è ciò