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e sovrammirabili furono le antiche opere della nostra repubblica, ottenebrate per il tempo eia distruzione degli uomini; e fra tutte una grandissima, che ora ci conviene rammemorare e per ringraziar te, e per lodare la Dea in una maniera vera e decente, e quasi inneggiandola, ora ch’ è la festa sua.
Socrate. Sta bene, ma qual’è quest’opera, non mentovata, e tuttavia fatta davvero dalla nostra repubblica anticamente, secondo la relazion di Solone?
Crizia. Io dirò quest’antica istoria che sentii da persona non giovine, perchè allora Crizia, come ci disse egli medesimo, era di presso a novant’anni, ed io già m’accostavo ai dieci: egli era appunto il terzo giorno delle Apaturie, detto dei Giovinetti. Quello che si suol fare ogni volta in questa festa, si fe’ altresì allora: i nostri padri ci posero premii a chi recitasse meglio delle poesie. Ne furono recitate molte, e di diversi poeti; ma, spezialmente, molti fanciulli cantammo quelle di Solone, perchè di quel tempo erano una cosa nuova. Un cert’uomo, della nostra tribù, o perchè gli pareva davvero, o per fare una cosa aggradevole a Crizia, disse che Solone pareva a lui non solo nelle altre parti il maggior sapiente, ma ancora nella poesia il più nobile di tutti i poeti. Il vecchio, lo vedo proprio cogli occhi, se ne fe’ lietissimo e, sorridendo, gli disse: O Aminandro, s’egli avesse coltivato la poesia non come per sollazzo, ma in sul serio come altri, e finito l’istoria che portò qua dall’ Egitto, che le sedizioni ed i mali trovati al ritorno lo sforzarono a mettere da parte, secondo la mia opinione