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dell’uno, perciocchè diventarono da poi. E, secondo lo stesso ragionamento, anco le altre cose si porgono così verso all’uno; dappoichè apparvero più vecchie, e diventate avanti. Sembra vero. Adunque non perciocchè cosa non fassi più vecchia di cosa nè più giovane, differendone constantemente d’ugual numero, nè l’uno diviene più vecchio o più gióvane degli altri, nè questi di quello? E non perciocchè le cose diventate pria dalle diventate dipoi si differiscono sempre di nuova parte di tempo, l’uno e gli altri debbono divenire più vecchi iscambievolmente, e insieme più giovani? Certo. Adunque per le ragioni sovrammentovate, l’uno verso sè e le altre cose, insiem’è e diventa più vecchio, e più giovine; e insieme non è nè diventa più vecchio, nè più giovine. Per lo appunto. E perciocchè l’uno partecipa di tempo, e diviene più vecchio e più giovane, non è pure mestieri partecipi dell’una fiata, e del poi, e dell’ora, se veramente partecipa egli di tempo? È mestieri. Onde l’uno era, ed è, e sarà; e diveniva, e diviene, e diverrà. Come no? E qualcosa sarebbe a lui e di lui, ed è, ed era, e sarà. Sì. E pertanto ci sarebbe pure scienza, e opinione, e sensazione dell’uno; dacchè eziandio ora noi per queste forme ragioniamo intorno a esso. Tu di’ bene. C’è pure dunque suo nome e suo discorso; e si nomina e dice; e, in somma, tutto quello di siffatto che avviene a essere delle altre cose, è anco dell’uno. Egli è così in tutto. Diciamo anco la terza cosa: l’uno se è quale lo abbiamo disaminato, non è necessario essendo