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divien medesima a molti, d’uopo è che divenga molti, non una. Vero. E poni che uno e medesimo non differissero, quando cosa divenisse medesima, constantemente diverrebbe una: e quando una, anco medesima. Appunto. Se l’uno dunque di sè è medesimo, non è uno con sè; e, siffattamente, inmentrechè è uno, non è uno. Questo è impossibile. Impossibile è dunque l’uno sia diverso di altro, o medesimo a sè. Impossibile. E in cotal giusa, l’uno non sarebbe diverso, nè medesimo nè di sè, nè d’altro. Nè sarà pure simile, nè dissimile a alcuno: non a sè medesimo, non ad altro. Perchè? Perciocchè, simile è quello ch’è, in alcuna guisa, passionato dal medesimo. Sì. Ma si fe’ chiaro che il medesimo è fuori dalla natura dell’uno. Si fe’ chiaro. Or se l’uno patisse alcuna cosa, salvochè di essere uno; ei gli avverrebbe d’esser più che uno: questo poi è impossibile. Sì. Pertanto l’uno non pate mai esser medesimo a sè, o ad altro. Pare che non. Per questo, non è manco possibile essere simile nè ad altro, nè a sè medesimo. Sembra di no. Nè l’uno patisce esser diverso; conciossiachè, in tal guisa, e’ patirebbe d’esser più che uno. Più, per certo. E or quello che patisce esser diverso o di sè, o d’altro, è dissimile di sè, o d’altro: se vero è che quel che patisce esser medesimo, è simile. È manifesto. E l’uno, non essendo in nissun modo passionato dal diverso, in nissun modo è dissimile nè di sè, nè d’altro. Non. Dunque nè di sè, nè d’altro l’uno sarebbe simile, o dissimile. No, pare. E, sendo tale, non sarà eguale, nè disuguale nè a sè, nè ad altro.