me si genera copioso e fluido, ed è com’albero troppo vivace di poma; costui, ricevendo dai desideri (amorosi) e dai loro parti molte doglie e molti diletti, è furioso la più parte della vita a cagione di codesti dolori e voluttà vivissime; e avendo egli l’anima inferma ed amente per cagione del corpo, non come infermo, bensì come volontariamente malo viene malamente stimato. Il vero si è che l’immoderanza ne’ diletti deriva in molta parte dalla natura d’una specie d’umore, che, a cagione della rarità delle ossa, dispandendosi nel corpo, e umidendolo, diventa morbo dell’anima; e quasi tuttociò che detto è intemperanza di piaceri, e che si rampogna alle persone come se fossero elle cattive volontariamente, non si rampogna a ragione; imperciocchè nessuno è per volontà cattivo, sibbene per qualche laida disposizione del corpo e per un’allevatura salvatica il cattivo è cattivo, ed elle son cose inimiche ad ognuno, che incolgono contro voglia. Anche, quanto ai dolori, l’anima, simigliantemente, riceve molta tristizia dal corpo. In vero quando gli umori delle pituite acide e salse, e gli umori amari e biliosi che errano per il corpo, di fuori non pigliano respiro e, costretti dentro, il loro alito mischiano e contemperano al moto dell’anima, essi fanno all’anima ogni sorta di morbi, più e meno, e più pochi e più molti; e traendosi ai tre luoghi dell’anima, là dove ciascuno s’avventa, inferiscono molteplici specie di tetraggine e scoramento, ed anco di audacia e timidità, ed anco di dimenticanza e tarda apprensiva.