Pagina:Acri - Volgarizzamenti da Platone.djvu/142

138

ultimo ricordandoci della generazione della sua figura, conviene giudicare che questa, poichè è essa massimamente e non altra natura discerne e tagliuzza i corpi nostri, ha probabilmente generato e la sensazione e il nome del caldo.

La sensazione contraria a questa, è chiara; noni dimeno non dee restar povera di ragionamento. Quegli umori che sono intorno al corpo, che hanno partì più grandi, entrano nel corpo e spingono gli umori che ci son dentro che hanno parti più picciole; e, perchè non possono cacciarsi nelle loro sedi, li pressano e da irregolari e mossi li fanno immobili per l’unii fornita e la pressura, e così li rappigliano: ma quello ch’è contro natura costretto, secondo natura si sforza in verso contrario. Or questa battaglia e questo scotimento si chiama tremore e ghiado; e tutte queste sensazioni e la cagione che le genera, s’addomandano freddo.

Duri si dicono tutt’i corpi ai quali cede la nostra carne; quei che cedono ad essa, molli: e così pure se i corpi si considerano fra loro. Cede tutto quello che posa sovra picciole basi: quello che ha basi quadrangolari, poichè sopraggiace fermo, resiste e, se si condensa molto, gagliardissimamente relutta.

Il grave e il leggiero, se li esamini in riferimento alla natura così detta del giù e del sù, si li spieghi in un modo lucidissimo. In vero non è affatto giusto pensare che ci siano due luoghi,, che spartono l’universo in due, e sian contrarii; l’uno giù, al quale