bile per questo ardore a cercar per lo vero: e dimmi, tu così discerni, separatamente certe spezie di per sè, e separatamente le cose che ne partecipano? E pare a te la somiglianza di per sè esser qualcosa separata di quella somiglianza la qual noi abbiamo; e medesimamente l’uno e il molti e tutto quello che hai testè udito da Zenone? A me pare, rispose a lui. Socrate. Peravventura, ripigliò Parmenide, credi tu, anco a questo, a una spezie separata di giusto di per sè, di bello, di buono e di tutte le altre cose siffatte? Sì, risposegli. E che? anche a una spezie d’uomo separata da noi e dagli altri uomini, e ad una spezie di fuoco e d’acqua? Sopra ciò, o Parmenide, molte volte stetti in dubbio se s’abbia ad affermare il medesimo che avanti, o non. E tuttavia, o Socrate, sopra ciò che moverebbe a riso, capegli, fastidio, loto o che altro tu voglia di più ignobile e dispregevole, tu dubiti se convenga dire che ce ne siano le spezie separate, diverse da quelle cose che trattiamo con mano? In veruno modo, Socrate rispose lui: ma di coteste cose che mi hai mentovato, non c’è altro oltre a quel che tu vedi; che, a voler immaginare peravventura ch’egli ci siano ancor loro spezie, sarebbe d’assai istravagante. Nondimeno, alcuna fiata mi turbò ch’e’ non fosse da dover affermare il medesimo per tutto; ma non c’istò guari, e fuggomi via per paura non mi avessi a perdere il capo entro infinite baje. E venuto lì a quelle cose che detto si è avere spezie, mi affatico su quelle. E Parmenide: Egli è che tu se’ ancor giovine, o Socrate, e la filosofia non ti ha