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vallo d’uno e un ottavo tutti gl’intervalli d’uno o un terzo, lasciando di ciascuno d’essi una parte e codesta parte d’intervallo che fu lasciata porgeva in numeri, quella relazion ch’è tra dugencinquatasei e dugenquarantatrè. Cosi consumò Iddio tutta quelli mescolanza, dalla quale levato avea le parti sovraddette. Ora scinde tutta codesta composizione in due, per lo lungo; e adattando, proprio nel loro mezzo, l’una parte disopra all’altra, alla figura della lettera Chi (X), rincurva ciascheduna d’esse in cerchio, in tal modo che i capi dell’una parte si toccassero tra sè e con i capi dall’altra, dirimpetto al punto della commessura; e le involge attorno con un movimento, il quale ruota nello stesso spazio e nell’istessa maniera. E fa l’uno dei cerchi esteriore, l’altro interiore; e addimanda il movimento del cerchio di fuori, movimento della natura del medesimo, e quello del cerchio d’entro, movimento della natura dell’altro. E fa che il cerchio della natura del medesimo si rigiri verso’ destra, a direzione del lato (del parallelogrammo, ch’è inscritto nel meridiano che tocca i punti in cui l’ecclittica bacia i tropici, e ch’è determinato da questi stessi punti); e quello della natura dell’altro verso sinistra, a direzion della diagonale. Ma egli da’ la signoria alla rivoluzione del medesimo e simile perciocchè la lascia indivisa, e fende, per lo contrario, sei volte la rivoluzione interiore, e la sparte in sette cerchi d’un doppio ordine, ciascheduno di tre intervalli; e gl’intervalli dell’un ordine han per ragione il due, e quei dell’altro, il tre. E prescrive che i cerchi si volgano