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58 | Antonio Agresti |
A questa opera di pacificazione Lincoln intendeva darsi durante il tempo di questa sua seconda presidenza e intendeva agire con la umanità e per la umanità verso tutti.
Egli lo aveva detto il giorno che era stato insediato come Presidente la seconda volta, il 4 Marzo 1865, nel suo Messaggio al Congresso: «Senza animosità per alcuno - egli aveva detto - caritatevoli per tutti, fermamente saldi nel diritto tal quale da Dio ci è dato vederlo, sforziamoci di compiere l’opera nostra; medichiamo le piaghe della Nazione, pensiamo a quelli che hanno affrontato la morte nelle battaglie, alle vedove, agli orfani; facciamo tutto quello che possiamo per giungere ad una pace duratura e giusta fra noi e tutte le nazioni».
Ma questo compito poteva essere menato a bene da un altro uomo. Lincoln poteva morire.
Buon pilota, egli, attraverso i marosi della tempesta, aveva condotto con salda mano salva al porto la nave; c’era, ora, da ammainare le vele, da gettare le ancore, da lavare il ponte; egli poteva ora riposare, altri poteva prendere il posto che non esigeva più la presenza dell’Uomo Provvidenziale; il posto che non era più grave nè pericoloso.
La stanchezza era ormai grande nel Sud ridotto alla miseria, battuto, demoralizzato.
Fra i conducenti della campagna secessionista, era, ormai, entrata la discordia. Molti piantatori, molti proprietari di schiavi avevano finito per pensare che sarebbe stato meglio rimanere nella legalità