Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
41 | Abramo Lincoln |
tinuòa ricevere persone, a trattare gli affari della Unione, e soltanto la sera, rimasto solo, riaprì il proprio testamento, per aggiungervi un codicillo: «voglio essere sepolto a Springfield, dove riposa mio figlio».
Egli era nel suo modo di essere, nei suoi modi di fare, il cittadino americano tipico, l’uomo che non ha le ipocrisie e neppure i pregiudizi degli uomini delle vecchie civiltà. Figlio d’un paese giovine, d’una nazione che da poco era nata, e nata in una terra vergine, egli trovava in se stesso e nel suo animo la ragione d’essere prima e profonda dei suoi atti. Ed i suoi atti erano in armonia con le necessità del momento ed avevano in vista il rimedio a quelle necessità. Il rimedio più rapido, il rimedio immediato, ma diritto sempre.
Egli sapeva, lo ha scritto più volte nelle sue lettere, più volte lo disse nei suoi discorsi, che se nessuno avesse avuto diritto di chiedergli conto del proprio operato, c’era Uno cui egli doveva strettamente quel conto, Uno cui egli poteva nulla celare, l’Uno che regnava nella sua coscienza.
Gli era rimasto nell’anima, dai tempi giovanili quand’era barcajuolo e boscaiuolo, un profondo e tenero amore della natura e molte acute osservazioni sue erano il risultato di una grande intimità con la Natura.
Era un oratore arguto ed efficacissimo. La sua mala grazia nel gestire, la bruttezza dei suoi tratti, erano dimenticate dagli ascoltatori non appena egli aveva cominciato a parlare. Allora la parola gli scaturiva fluente dalle labbra, ornata d’immagini