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permettere che se ne possano venire expeditamente senza esserli dato impaccio et molestia alcuna, non facendo al contrario, per quanto havete cara la gratia nostra.

È probabile che il vecchio Isacco, ormai tutto dedito alla contemplazione delle cose eterne, o non accettasse o si limitasse a una visita di ossequio: le stamperie ebraiche ormai aperte in Oriente gli offrivano modo di dare ampia divulgazione ai frutti delle sue diuturne fatiche, ed egli voleva usufruire a questo scopo di tutto il restante della sua vita. Cosí passò a Venezia, dove gli si offrivano le migliori possibilitá di attendere a un tale divisamento. Leone invece venne a Napoli, come pare; ma perché mai si trovava a Barletta, che il documento indica in certo qual modo come sua residenza? Proprio in quel torno di tempo la tolleranza dei genovesi verso gli ebrei si era voltata in severa intolleranza: il 5 aprile 1501 un proclama del governatore e degli anziani ordinava che «ogni iudeo o sia medico o non medico» debba portare un segno rotondo di «drapo giano» sul petto, il qual segno si possa palesemente vedere, «et sia epsa rotonditá larga saltem quatro digiti»; e tale obbligo veniva imposto il 22 dello stesso mese anche alle donne giudee1. Vero è che ai medici si usava un certo riguardo, nonostante l’imposizione del segno d’infamia; perché anche quando negli anni successivi si arrivò a vietare agli ebrei di restare in Genova piú di tre giorni, un’eccezione era fatta proprio per i medici, purché avessero una concessione pontificia2. Ma giá nel 1507 perché Domenico Spinola potesse chiamare un medico israelita, evidentemente autorizzato all’esercizio della professione, occorreva un apposito permesso del governatore e degli anziani, e sotto le condizioni che non si fermasse a Genova piú di quindici giorni, che non prestasse le sue cure ad altri infermi, e che il signor Spinola si facesse rilasciare apposita licenza, per esser curato da un giudeo, dal vicario arcivescovile3. Il primo sentore di siffatti ordinamenti antisemiti fu sufficiente nella primavera del 1501 per indurre Leone alla partenza: ed è



  1. R. Arch. di Stato in Genova, Diversorum, filza 57. Cfr. per maggiori particolari G. Rezasco, Del segno degli ebrei, in «Giorn. ligustico di archeol., storia e belle arti», XV e XVI (1888-’89).
  2. R. Arch. di Stato in Genova, Diversorum, reg. 172 (14 marzo 1505).
  3. Ivi, reg. 175 (14 gennaio 1507). — Vedi, in generale, M. Staglieno, Degli ebrei in Genova, in «Giornale ligustico» cit., III (1876), 173-186 e 394-415.